giovedì 3 maggio 2018

La carrozza Bz 44 094 e il mondo delle "centoporte" a cassa di legno

La carrozza centoporte a cassa di legno Bz 44094 conservata presso la
sede del GFM, qui fotografata prima dei lavori di ripristino eseguiti

nel 2019 (21 maggio-4 ottobre). Foto dell'archivio GFM per gentile 
concessione (clicca sulla foto per ingrandirla).
La sede dell'associazione Gruppo Fermodellistico Mestrino, è ospitata all'interno di una rarissima carrozza FS superstite, la Bz 44094, già Cz 44094. Questa vettura appartiene alla grande famiglia delle "centoporte", del particolarissimo e arcaico tipo "a cassa di legno" (4711 esemplari prodotti e meno di una decina superstiti), ma soprattutto fa parte di una sotto-serie differente esteticamente da tutte le altre e immediatamente riconoscibile (la famosa e "malfamata" serie 44000).

LA FAMIGLIA DELLE CENTOPORTE A OSSATURA DI LEGNO.
Come tanti rotabili dell'epoca accomunati da uno schema concettualmente derivato dalle diligenze, le prime carrozze progettate e poi fatte costruire dalle neonate (1905) Ferrovie dello Stato, risultavano caratterizzate da numerose porte per ogni fiancata (fino a undici nel caso di alcune tipologie di vetture a 4 assi), allo scopo di favorire la rapida salita e discesa dei passeggeri.
Disegno FS di un carrello "tipo AA" identico a quello 
di cui è dotata la carrozza del GFM.  I carrelli, che  
andarono sostituire gli assi singoli permettendo di 
migliorare il confort di viaggio in modo sostanziale,
furono una delle maggiori innovazioni delle nuove 
carrozze commissionate dalle neonate (1905) Ferrovie
dello Stato (clicca sulla foto per ingrandirla).
Inoltre questa soluzione cercava di ovviare al vero neo di questi mezzi, ossia l'eccessiva ripidità dei "vertiginosi" gradini; il secondo gradino aveva infatti un'alzata di ben 35cm (!!!), in pratica il doppio di quello di una scala normale (17cm).
Innovativo invece risultò essere il rodiggio, con moderni carrelli che sostituivano gli assi singoli, una soluzione avanzata per la quale le FS risultavano primeggiare in Europa.

Le centoporte FS con ossatura di legno si possono dividere in due grandi gruppi:
-le "corte" (17,78 m) appartenenti ai "tipo 1906", "tipo 1907" e "tipo 1908" ordinate tutte entro il 1908 e costruite/consegnate entro il 1911;
-le "lunghe" (18,48m) appartenenti ai migliorati "tipo 1910", "tipo 1914" e "tipo 1918", ordinate tutte entro il 1919 e costruite/consegnate entro il 1922 (anno in cui i primi ordini della nuova famiglia di carrozze a cassa di metallo erano già stati effettuati). Per tutte l'impianto frenante era quello automatico continuo tipo "Westinghouse" (solo per alcune atte al servizio internazionale con la Francia fu montato anche il moderabile tipo Henry e per altre in servizio verso l'Austria il freno a vuoto), l'illuminazione era elettrica garantita da batterie di accumulatori (come in tutte le carrozze a carrelli progettate dalle FS dopo il 1905) e il riscaldamento era a vapore sistema Heintz o Haag.

Questa foto dei primi anni '30, di una carrozza FS centoporte con cassa
di legno oggetto di manutenzione (ABIz 59.587 tipo 1910 ordini 1914-18), 
permette di osservare con cura la sovrastruttura in legno delle pareti
della cassa e del tetto. Foto FS (clicca sull'immagine per ingrandirla).
Come già accennato, la prima particolarità degna di nota della vettura conservata in Via Olimpia 13 che la accomuna a tutto il resto della famiglia delle "cassa di legno", consiste nel fatto che il telaio della carrozza e i carrelli sono in metallo, mentre la sovrastruttura della cassa (ossia la parte interna della cassa) è costituita da un'intelaiatura di robusto e pregiato legno di teak di Giava (zone non in vista) o teak del Siam (elementi in vista) con parti sagomate e unite ad incastro, poi rivestito esternamente da una lamiera dello spessore di 1,5 mm avvitata al legno.

Carrozza FS a cassa di legno in lavorazione e con i carrelli smontati
Si nota l'orditura in legno della cassa in fase di revisione presso una 
officina Grandi Riparazioni FS . Foto FS, collezione Merlo (clicca per 
ingrandirla).
Sulle giunture tra le lamiere veniva posto un coprigiunto in profilato metallico, anch'esso avvitato alla sottostante ossatura lignea, mentre l'interno veniva rivestito ancora in legno di essenze diverse a seconda della classe. Più classico il telaio metallico formato da due longheroni in acciaio lungo i fianchi, collegati da due traverse di testa che ne costituivano le testate; altre barre trasversali contribuivano a formare una struttura robusta che veniva unita mediante chiodatura.

Applicazione della tela sull'imperiale della carrozza Cz 44.479 presso
le Officine FS di Vicenza. Foto FS archivio fondazione FS, clicca per 
ingrandirla.
Anche il tetto si discosta notevolmente dalle nostre attuali e consuete abitudini, essendo realizzato con assi di legno dotati di inserto a "dente" (in modo da costituire un piano continuo che prevenisse fenomeni di "imbarcamento" dovuti alle tensioni meccaniche e agli agenti atmosferici), rivestite di "tela olona" (un tipo di tessuto grezzo, pesante e
molto resistente ad armatura a tela con riduzione molto fitta) che imbevuta con olio di lino diventava impermeabile e veniva usata come tela cerata per le capote di calessi e carri coperti, teloni, cerate impermeabili e anche come copertura delle vetture tranviarie o ferroviarie.

Fotografia del disastro di Meana che consente di osservare il dettaglio dei 
tetti in tela di due dei carri merci incidentati. Collezione Aldo Riccardi,
per gentile concessione, clicca per ingrandire.
Il fissaggio della tela impermeabilizzata e messa in tensione, avveniva sul ricasco usando chiodi o viti, questi erano poi protetti da un coprigiunto che correva lungo tutta la fiancata del mezzo al di sopra dei finestrini sulla linea del ricasco del tetto, mentre sulle testate la tela veniva ripiegata al di sotto del tetto usando il medesimo tipo di fissaggio.
Le coperture dei tetti così realizzate non erano molto durature, ma svolgevano egregiamente la loro funzione con il vantaggio considerevole di essere estremamente leggere (la tela pesante usata per la copertura delle carrozze e dei carri merci, la troviamo ancora oggi in opera sul bel bagagliaio a due assi Dcr 82.633 conservato a Pistoia).

Carrozze con telaio metallico e cassa di legno gravemente danneggiate 
in seguito ad un incidente. Il diverso comportamento dei due materiali
è immediatamente percepibile. La foto è tratta da un "Bollettino FIMF" 
collezione Merlo (clicca sulla foto per ingrandirla).
Queste particolarità e il fatto che tali scelte costruttive vennero presto abbandonate dalle FS a causa dei rischi che si evidenziavano anche nel caso di incidenti di lieve entità, fece sì che molte carrozze di questo tipo venissero ricostruite con cassa metallica dopo la fine della prima guerra mondiale (a partire dal 1920 l'azienda statale progettò e mise in servizio solo carrozze con cassa a struttura interamente metallica e tetto di lamiera). La coesistenza di parti in legno (cassa), con parti in acciaio (telaio), rappresentava un notevole fattore di rischio in caso di incidente. In questa evenienza i veicoli con cassa di legno avevano la drammatica caratteristica di comportarsi secondo il temibile "effetto telescopico", infilandosi gli uni negli altri. Il risultato concreto era che i telai di acciaio piallavano letteralmente la cassa dei veicoli attigui, facendo scempio di vite umane.

LE CENTOPORTE A CASSA DI LEGNO "TIPO 1918 LUNGHE".
La seconda particolarità del rotabile del GFM, cosa che lo rende un pezzo rarissimo e veramente da Museo, è che esso fa parte di un sotto-gruppo di carrozze particolarmente difformi da tutte le altre centoporte a cassa di legno, un numeroso sotto-gruppo scomparso dai binari italiani ormai da più di 50 anni e del quale sopravvivono due sole unità.

Figurino con vista laterale di una carrozza FS centoporte a cassa di 
legno "lunga", di III classe con intercomunicanti , del "tipo 1918" 
nella configurazione iniziale con 11 porte tutte utilizzabili. Si può 
notare che l'indicazione di classe è presente su tutte le porte tranne 
che nella prima a destra dove vi era il vestibolo (vano con il freno 
a mano). Il numero ridotto dei finestrini rispetto alle altre centoporte
è immediatamente percepibile, il finestrino al centro senza la porta 
è quello della ritirata (bagno). Sul lato sinistro prima della terza 
porta di accesso si nota l'anta ad apertura interna che consentiva 
l'accesso alle barelle. La foto è estratta dall'originale FS della tavola 
45 dell'album 1942 fornito gentilmente da Pietro Merlo (clicca sulla
foto per ingrandirla).
L'allungamento del telaio delle seconda generazione di carrozze a cassa di legno costruite a partire degli anni '10, le "lunghe" di cui si è già accennato (18,48m), si era reso necessario dalla doppia sentita esigenza di ampliare le anguste dimensioni dei bagni e di allontanare gli scarichi degli stessi dai carrelli (per evitarne il repentino deperimento). Per questo le ritirate vennero portate al centro delle vetture e per gli ambienti di I e II classe si decise di passare ad un arredamento composto da scompartimenti separati con corridoio laterale. In III classe venne confermata la suddivisione in quattro ambienti aperti di medie dimensioni con corridoio centrale e vestibolo d'estremità dove venne posto il freno a mano.

La carrozza del GFM è una delle 967 "centoporte a cassa di legno lunghe di terza classe" che vennero costruite fra il 1911 e il 1922 (gruppi 41000 e 44000) e appartiene al lotto di 370 vetture del cosiddetto "tipo 1918 gruppo 44000 allo stato d'origine" (e con trazione continua), che venne diviso in due sotto-lotti di 260 e 110 mezzi (numerati rispettivamente da 44000 a 44259 e da 44290 a 44399), ordinati entrambi ai costruttori nel 1919 e costruiti/consegnati tra il 1921 e il 1922.  I costruttori del sotto-lotto di 260 unità di cui fa parte la carrozza del GFM (44000-44259) furono: Officine già F.lli Diatto di Torino, OM (Off. Mecccaniche già Miani, Silvestri e Comi) di Milano, Off. S.Giorgio di Pistoia, OM (Off, Meccaniche Italiane) di Reggio Emilia, Off. Togni di Brescia e Fiat (Fabbrica Italiana Automobili Torino) di Torino.

LA SERIE 44000 "TIPO 1918"
Per i noti obiettivi di unificazione dei componenti e razionalizzazione delle scorte, questo lotto di 370 vetture era identico alle altre "centoporte di legno lunghe" per molti dettagli (carrelli "tipo AA" con sospensione secondaria a balestre contrapposte, sala "tipo 32", boccole "tipo 40", respingenti ad asta
Pianta di una carrozza tipo 1918 Bz 44 000-259, 290-399 allo stato 
d'origine. Sono evidenziati i quattro ambienti interni a salone (a, b, c, d) 
nei quali era suddivisa. Al centro si notano i bagni (ritirate), mentre 
all'estremità destra si può notare il locale detto vestibolo dove era (ed è) 
collocato il freno a mano. Le porte esterne sono disegnate come ancora
tutte utilizzabili. Il figurino evidenzia il finestrino presente anche sulla 
parete di testa opposta a quella del vestibolo, particolare che nel disegno
originale FS relativo alla tavola 304 dell'album 1922 risultava mancante 
nell'edizione del 1928 veniva indicato da una apposita nota riportata a 
mano libera. La foto è estratta dall'originale FS della tavola 45 dello 
album 1942 fornito da Pietro Merlo che lo scrivente ringrazia ancora 
in modo particolare (clicca sulla foto per  ingrandirla).
piena con molla a bovolo "tipo 17 o 18" con custodie "U", gancio di traino con trazione continua tipo 5 con molla tipo 19, intercomunicanti), ma se ne differenziava notevolmente dal punto di vista estetico, tanto che le carrozze di questo lotto sono immediatamente riconoscibili anche da un occhio non esperto.
Infatti esse avevano un numero di finestrini estremamente ridotto, tanto che questi risultavano presenti esclusivamente sulle porte di salita. Queste carrozze, che erano dotate di 78 posti a sedere, risultarono essere pesanti circa 30,5 t. Inizialmente impostate per una velocità massima di 100 km/h (categoria 1) vennero in seguito innalzate alla categoria stella (120 km/h).
Immagine del pannello mobile con apertura verso l'interno che
consentiva alla terza porta nel lato della testata opposta al 
vestibolo, di trasformarsi in accesso per le barelle (la panca 
abbattibile visibile in basso a dx è stata aggiunta durante la 
ricostruzione del 1964). Foto Prete (clicca per ingrandire).
Internamente le carrozze a cassa di legno "tipo 1918" di terza classe si caratterizzavano come vetture a quattro ambienti a salone, raggruppati a due a due e separati al centro dalle ritirate (bagni) e da una coppia di porte "tipo saloon" o "va e vieni"; ogni ambiente a salone era diviso dall'altro da una parete di legno dotata di porta a battente. L'allestimento di questi ambienti a salone era con corridoio centrale e il vestibolo (vano in cui era posto il freno a mano), era presente in una sola estremità. Venivano per la gran parte individuate anche con la definizione "riconducibili per trasporto feriti" ovvero atte ad essere trasformate e attrezzate per il trasporto dei feriti, funzione questa che era prerogativa delle sole carrozze di terza classe e che era evidenziata da apposito pittogramma. Proprio questa esigenza di rendere quanto più agevole possibile la trasformazione in vettura per treni ospedale, era stata alla base della scelta di confermare per le "tipo 1918" una organizzazione degli spazi interni che prevedesse ambienti a salone di medie dimensioni con 16/24 posti a sedere e l'assenza di elementi separatori come gli scompartimenti. I quattro grandi ambienti erano perciò occupati da semplici panche in legno di pino lucidato prive di rastrelliere le quali erano montate alle pareti.
Disegno FS con la disposizione da far assumere alle 24 barelle di una 
carrozza di terza classe a cassa di legno attrezzata per treni ospedale.
Nonostante questo schema sia relativo a una carrozza "tipo 1910", la 
esigua differenza tra queste e le "tipo 1918" (lunghe solo 70 cm in 
più), rende bene l'idea di come venissero attrezzate anche queste 
ultime. Va fatto notare che però nelle "tipo 1910" le pareti divisorie
interne erano smontabili grazie ad un sistema che agevolava tale 
operazione (e nello schema la mancanza delle pareti divisorie è 
evidente). Da notare inoltre che in principio le "tipo 1910" erano
dotate anche di illuminazione ad olio i cui sfiati fuoriuscivano dal
tetto (poi eliminati per migliorare la tenuta all'acqua del telo olona).
Archivio Fondazione FS (clicca per ingrandire).
Ancora oggi, in corrispondenza della terza porta dal lato opposto a quello del vestibolo (la porta immediatamente a sinistra di quella di ingresso alla sede del GFM la prima che si incontra a sinistra entrando nell'attuale sala riunioni), si può ancora agevolmente osservare il pannello mobile privo di finestrino e apribile verso l'interno che consentiva l'ingresso delle barelle nelle occasioni in cui la vettura era impiegata per tale necessità. Questa peculiarità è visibile anche nei disegni FS del mezzo illustrati in questa pagina. Le foto di archivio mostrano che nei treni ospedale venivano utilizzate anche le porte intercomunicanti alle estremità del treno (foto Voltan, pag. 20) e che la marcatura di queste carrozze indicava anche il numero massimo di barelle che potevano essere applicate; nelle 44000-259 e 44290-399 le barelle applicabili erano ben 24 (foto Voltan, pag 10).

Dettaglio di una arrozza centoporte FS a cassa di legno tipo Bz 44 000-259 
Bz 44290-399, identica a quella conservata presso il GFM, ripresa il 26 
luglio del 1963 dall'Ing. Renato Cesa De Marchi. Archivio Fondazione FS
(clicca sulla foto per ingrandirla). 
Nel complesso però, secondo Pietro Merlo queste carrozze erano "figlie di un periodo difficile" seguito alla fine della prima guerra mondiale. La riduzione del numero delle finestre era perciò probabilmente legata a mere esigenze di risparmio, piuttosto che a fattori legati ad un irrobustimento della struttura. Basti pensare che a causa delle ristrettezze causate dalla prima guerra mondiale, le FS emanarono nel 1917 e nel 1921 una serie di circolari secondo le quali le riparazioni ai vetri rotti potevano avvenire anche con più pezzi di vetro uniti tra loro, situazione che mutò solo dopo la metà degli anni '20, ma esclusivamente per la prima e la seconda classe.
Carrozza Bz (ex Cz) "tipo 1906" vistosamente "accecata" con la chiusura
di molti finestrini (sostituiti con pareti cieche) fotografata nel 1960 a 
Bardonecchia da Raffaele Resta,  archivio Fondazione FS (clicca per 
ingrandire).
Per le carrozze di terza classe o miste con terza classe (Cz 41955-999, Cz 42050-999, ABCz e BCz 62600-684) fu disposto invece un generale "accecamento" dei finestrini non interessanti le porte di accesso, sia sostituendo i vetri trasparenti con pannelli ciechi (vedi foto Voltan pag. 48) sia eliminandoli del tutto attraverso la sostituzione dei finestrini con pareti cieche (vedi foto qui a lato). Infine, nel secondo dopoguerra, continuò la soppressione delle porte numero 1, 5, 6 e 10, già iniziata prima del conflitto.
"Certamente chi ebbe la ventura di viaggiare in quell'epoca, anche se per brevi tragitti su una "quarantaquattromila" con le finestre solo alle porte di salita, poteva chiedersi se era precipitato in una specie di incubo [...]. I finestrini erano angusti, con i vetri spesso poco trasparenti, manovrabili con delle cinghie dotate di nottolino e, se non si stava attenti, qualche dito veniva risucchiato nell'intercapedine della porta che conteneva il finestrino abbassato. A volte capitava che il vetro non ci fosse neppure, ma era sostituito da una pesante persiana di legno dalle feritoie molto sottili che non consentivano il guardare all'esterno, che si azionava anch'essa con una cinghia analoga a quella descritta prima. L'ambiente in cui il malcapitato si trovava a viaggiare era dunque caratterizzato da poca luce, anche perché l'impianto elettrico era normalmente alimentato da quattro batterie con delle lampadine da 40w al massimo disposte una per modulo, non poteva certo offrire una luce sfavillante. A questo si aggiungevano gli spifferi d'aria che, insieme al fumo prodotto dalla locomotiva, entravano copiosamente dai finestrini (o dalle persiane), non certo a tenuta stagna. I durissimi sedili di legno non ammortizzavano gli scrolloni che le casse di legno, anche a bassa velocità e non solo in curva o sugli scambi, elargivano alle indolenzite natiche dei viaggiatori."
Michele Mingari in "Carrozze cento porte con cassa di legno", Firenze, Edizioni Pegaso, 2012    
Molto interessante anche il racconto di queste carrozze fatto da Luigi Cartello, che rivela come un viaggio su queste carrozze fosse particolarmente sconcertante per il comune viaggiatore. Nonostante i fatti sia siano svolti nel 1958, quando il nostro protagonista aveva solo 6 anni, il ricordo di quella strana vettura deve essersi ben impresso nella mente del giovane, tanto da spingerlo a distanza di anni, a ricercare negli archivi un disegno schematico di quelle particolari carrozze.

"Una volta ci capitò una strana carrozza "centoporte", insolitamente più buia delle altre, con l'interno in legno verniciato a biacca color grigio chiaro, anzichè a flatting. Mio padre disse che era una carrozza "dell'altra guerra". Altra particolarità che ricordo di questa carrozza era che, al posto della maniglia in ottone, per alzare e abbassare il finestrino c'era una specie di lingua in cuoio, che io non riuscivo a tirare! A distanza di 55 anni credo di aver individuato lo schema di questa sul sito Rotaie.it"
Luigi Cartello (per gentile concessione dello stesso) intervento sul Forum Duegi Editrice argomento "Carrozze prima delle Tipo 1921" Torino, 2013
Smontaggio (lo riconosce dalla scritta I fase) del rivestimento di una 
centoporte a cassa di legno oggetto di rifacimento del rivestimento 
(la cosiddetta "metallizzazione") o di revisione. Secondo il libro "Le 
ferrovie dello Stato nel primo decennio fascista 1922-32" le FS 
impiegavano solo otto/dieci giorni per eseguire interamente tale 
lavorazione nelle proprie officine. Tale affermazione risulta 
probabilmente dettata da dettami propagandistici anche se il 
procedimento era stato ottimizzato in una sorta di catena di montaggio. 
Più realisticamente documenti FS (vedi  Merlo e Voltan) attestano che 
tale operazione poteva svolgersi anche in minimo 32 giorni (per le 
carrozze di classe). Foto FS dell'interno delle Officine di Vicenza, 
collezione Merlo (clicca per ingrandirla). 
Va precisato che 26 *(vedi nota in fondo alla pagina) di queste 370 carrozze del "tipo 1918" vennero
precocemente ricostruite con pannelli metallici di rivestimento più ampi e di spessore raddoppiato a 3mm (secondo Mingari nel decennio 1928/1937 mentre secondo Voltan [pag.122] negli anni 1931-32) e pur presentando un aspetto estetico analogo a quello che già avevano in origine con le finestre solo sulle porte, furono riassegnate al neo-costituito sottogruppo vario 44700 e perciò non vanno confuse con quelle rimaste allo stato di origine come quella del GFM. Queste 26 vetture rinforzate erano immediatamente riconoscibili anche esteticamente: secondo Mingari per la mancanza dei coprigiunti verticali tra le lamiere che ricoprivano la cassa di legno, secondo Voltan (pag.123) per la presenza di un coprigiunto orizzontale sotto i finestrini e per la comparsa delle chiodature a vista. Dato che queste ultime andavano a sostituire i coprigiunti verticali, sono vere tutte e tre le cose. Nel complesso il sottogruppo "vario" 44700-44826, era costituito da carrozze di terza classe rinnovate ma eterogenee tra loro; i 127 esemplari che lo costituivano, erano stati ricostruiti sulla base di carrozze con telai 1910, 1918 e 1920R; 26 mezzi come già detto erano esteticamente identici alla carrozza del GFM (con la sola differenza dei coprigiunti già descritta), mentre 101 esemplari erano anche esteticamente diversi provenendo da serie differenti. Al grande gruppo delle "44-mila" andarono poi a sommarsi altri 250 esemplari di vetture esteticamente differenti dalla carrozza del GFM, che furono ricostruite con pannelli di spessore maggiorato e che formarono i sottogruppi 44260-44289 (con gancio di traino a trazione continua) e 44400-44619 (con trazione discontinua); entrambi questi sottogruppi erano costituiti da vetture ricostruite sulla base di telai lunghi "tipo 1910" nel biennio 1922-1923.

Alla fine di questo periodo di fervore ricostruttivo, dall'inventario del 31 ottobre 1942 si deduce che a quella data delle iniziali 370 carrozze, ne restavano in servizio 337 (Cz serie 44000 tipo 1918 allo stato di origine). La carrozza Cz 44230 era stata trasformata nel 1924 in carrozza salone SIz 110 (a disposizione della famiglia dei Duchi di Aosta), 26 carrozze erano state ricostruite con rivestimento maggiorato (riclassificate 44700) e dunque 6 carrozze erano state alienate o demolite per le ragioni più varie.

LA CARROZZA Bz 44094
Andando nello specifico, la vettura Bz 44094 del GFM fu costruita presso le officine S. Giorgio di Pistoia**(vedi nota a fondo pagina) che prima di allora si erano specializzate nella costruzione di carrozzelle, auto e aerei. Per la fabbrica pistoiese, embrione della Breda Pistoiesi, questa fu la prima commessa dopo che l'opificio era stato riconvertito a fini civili al termine della prima guerra mondiale. 
Immagine dell'inventario originale FS delle carrozze serie 44000-44259, pagina 1, 
vetture marcate da 44050 a 44099; Si può notare la riduzione di velocità a 90 km/h 
attuata tra il 1961 e il 1964. Foto Pietro Merlo che ringraziamo nuovamente per
la gentile concessione.
Clicca qui per vederla a grandezza naturale
La vettura fu consegnata nell'aprile del 1922 come risulta dai registri originali FS. Costruita come carrozza di terza classe CIz 44 094 (C=terza classe, I=con intercomunicanti e mantici, Z=a carrelli, gruppo quarantaquattromila, numero progressivo 094) dotata dei caratteristici finestrini presenti solo sulle porte laterali, nel 1932 venne rimarcata Cz (quando venne abolita la "I" che specificava la presenza dell'intercomunicante in quanto divenuta requisito standard e dunque superfluo) e infine Bz 44094 entro l'estate del 1956 (entro il 2 febbraio 1956 secondo Mingari, dal 3 giugno 1956 secondo Voltan), quando in seguito all'abolizione della terza classe, diventò una carrozza di seconda (dove la B e la z identificano rispettivamente una carrozza di seconda classe, nella versione a carrelli). Il pavimento di queste carrozze era realizzato in legno di quercia rivestito da tavole di abete  rinforzate con listelli di quercia in funzione antiscivolo. Nelle classi superiori delle carrozze a cassa di legno con cui le "tipo 1918" di terza classe erano imparentate avremmo trovato il pavimento ricoperto da uno spesso tessuto felpato negli scompartimenti di prima e seconda classe e da linoleum nei corridoi.
Particolare della marcatura interna realizzata con un 
elegante quadretto, tale marcatura identifica uno dei 
quattro grandi ambienti a salone in cui il mezzo era 
suddiviso (a, b, c, d). Foto Prete (clicca per ingrandirla).

Il legno di abete era utilizzato anche per le pareti divisorie e rivestiva anche il cielo (soffitto) dei veicoli. Le pareti del rivestimento interno erano in pino lucidato in terza classe (pino d'America Pitch-Pine), mentre nelle classi superiori delle carrozze quasi coeve "tipi 1910-14-18" erano di teak lucidato con riquadri di lincrusta (un impasto di olio di semi di lino gelificato e farina di legno o sughero spalmato su una base di carta e arrotolato tra  rulli in acciaio, uno dei quali dotato di un motivo in rilievo). Le sedute erano di legno (pino lucidato) mentre in prima classe i divani erano rivestiti di velluto rosso scuro e del classico bigio/caffè a righe in seconda. Gli interni originariamente erano divisi in quattro grandi saloni (salone "a" da 22 posti a sedere con porta scorrevole lato intercomunicante e porta a doppio battente per salita barelle; salone "b" da 16 posti, salone "c" da 16 posti, salone "d" da 24 posti) ai quali si sommava il piccolo vestibolo (locale del freno a mano). Nonostante gli interni della Bz 44094 siano stati pesantemente rimaneggiati (soprattutto nella disposizione delle pareti e degli arredi), questa carrozza permette ancora di rivivere l'atmosfera di un viaggio così come doveva essere negli anni '20: bagagliere e lampade decorate, targhette smaltate e verniciate, maniglie ricurve in bronzo e i sedili in legno. Non esistono plastica (tranne per gli adeguamenti recenti), bachelite o altri tipi di pannellature entrate a far parte degli allestimenti interni dai primi anni '30. Della distribuzione degli spazi negli ambienti interni originali, si conserva solo il salone "a" al quale sono stati tolti i sedili (22 posti a sedere) trasformandolo nella "sala riunioni". Il vestibolo e gli ambienti a salone "c" e "d" sono stati privati delle pareti divisorie, delle porte di separazione e delle panche in legno e sono stati unificati in un unico nuovo grande salone denominato "sala Locodromo".
Disposizione interna degli arredi della carrozza Bz 44094 dopo il
rifacimento con modifiche interne avvenuto nel 1964 in occasione della
trasformazione della vettura nella sede del GFM. Partendo da sinistra
possiamo vedere il salone "a" trasformato nella "sala riunioni", segue
quindi il salone "b" radicalmente trasformato dotandolo di corridoio
laterale (con controsoffitto) e di due scompartimenti (biblioteca e 
officina), troviamo poi la ritirata con l'antibagno collocato dove vi era
il corridoio centrale, per arrivare infine ai saloni "c", "d" e al 
"vestibolo" unificati eliminando le pareti in legno divisorie e divenuti la
grande "sala Locodromo"; nel disegno sono evidenziate in questa ultima
sala le centine di unione tra pareti e tetto. Si può anche notare la
riduzione delle porte di accesso dall'esterno, passate da 11 a 7 per lato, 
avvenuta mentre il mezzo era ancora in servizio regolare. Elaborazione
a cura di Prete Massimo del disegno FS, (clicca per ingrandirla).
Il ripristino del 1965, più che alla mera preservazione storica della carrozza, era rivolto all'adeguamento della stessa alle necessità della neonata associazione, pertanto esso fu mosso da un intento di "restauro di completamento" (aggiunta di parti accessorie realizzate secondo il criterio della riconoscibilità) se non proprio da un tentativo di "restauro di innovazione" (aggiunta di parti rilevanti di nuova concezione che talvolta risultano necessarie per il riuso del manufatto). In questo contesto, l'ambiente a salone "b" è stato completamente ricostruito utilizzando pareti e mobilio in legno di recupero proveniente da altre carrozze a cassa di legno "demolende". Sono stati realizzati un corridoio laterale (la carrozza in origine lo aveva centrale) e due scompartimenti con porte scorrevoli, uno dotato di sedili in legno del tipo 4+4 posti (attualmente adibito a biblioteca), l'altro attrezzato come officina, deposito attrezzi e quadro alimentazioni elettriche. Con tutta probabilità questo mobilio proviene da una carrozza a cassa di legno di seconda classe che, in sede di ricostruzione postbellica attuata tra il 1947 e il 1949, era stata trasformata in carrozza di terza classe mantenendo l'originaria disposizione a scompartimenti e sostituendo i divani di origine con panche in legno a quattro posti.
Interno della carrozza Bz 44 094. Si possono notare i punti luce singoli
per ambienti di terza classe (nelle classi superiori erano doppi),
originariamente alimentati ad accumulatori (posizionati nel sottocassa).
In principio queste carrozze erano dotate anche di illuminazione ad olio
i cui sfiati fuoriuscivano dal tetto poi eliminati per migliorare la tenuta 

all'acqua del telo. Si nota anche una delle centine in legno che tengono
unite tra loro le pareti della cassa per il tramite del tetto e il pannello 
metallico sul cielo (soffitto interno) che ha sostituito le tavole "maschiate",
Foto Prete, clicca per ingrandire.  
Lo si deduce dal fatto che si tratta di un arredamento realizzato in tempi recenti, con la seduta delle panche ottenuta da un unico tavolato continuo, mentre le sedute primigenie delle terze classi a scompartimenti erano realizzate in assi di legno più o meno appaiate.  Va dunque (purtroppo) smentita l'affermazione di F. Baroni apparsa su iTreni n. 320 secondo cui lo scompartimento adibito a biblioteca e il corridoio sarebbero rimasti "allo stato originale", nel senso che sono originali in quanto realmente appartenuti a una vettura, ma non appartenevano a questa carrozza. Anche le due grandi panche a 4 posti posizionate lungo le "pareti di testa" della "sala riunioni" sono dello stesso tipo di quelle che arredano lo scompartimento biblioteca. Sempre in sala riunioni, al fine di prevenire le intromissioni di ladri e/o vandali, la porta scorrevole lato intercomunicante è stata "murata" con una parete di legno. Anche il cielo (soffitto interno) non appare esteticamente come era in origine (assi di legno di abete lasciati a vista e dotati di inserto a "dente" che costituivano un piano continuo), ma si presenta ora con una superficie continua metallica sovrapposta (dal di sotto) o sostituita alla tavolatura originale già durante l'esercizio FS (lo confermerebbero le foto degli interni di carrozze simili tipo quelle preservate a Osso Croveo di Baceno).
Fotografia del luminoso interno di una carrozza centoporte di terza
classe tipo 1919 serie CDUIZ 64904 (di un gruppo differente rispetto a
quella del GFM che era ed è palesemente più buia). La foto rende bene
l'idea di come fosse spartano l'arredamento in questa classe specie se
paragonato con quello delle altre due classi superiori. Si notano: il
soffitto curvo costituito da tavole di abete maschiato, la centina di legno
che unisce le pareti e fa da appoggio inferiore per il soffitto, le sedute
costituite da scomode e spoglie panche in legno di pino lucidato qui in
configurazione asimmetrica. Foto FS, archivio Fondazione FS
collocazione 153-12 (clicca per ingrandirla).
Le foto storiche della carrozza dopo il restauro del 1965, dimostrano che alla vettura venne lasciato l'imperiale (tetto esterno) originale in tela olona, ma purtroppo ad esso nel corso degli anni è stato sovrapposto uno strato di carta catramata o membrana bituminosa che ne ha alterato parzialmente l'aspetto andando a nascondere il coprigiunto orizzontale che corre in orizzontale sopra la linea dei finestrini. Internamente si conservano invece le centine strutturali in legno che tengono unite le pareti laterali offrendo nel contempo sostegno alla linea di curvatura del tetto. Sotto di esse trovavano posto le pareti divisorie di abete che separavano tra loro gli ambienti (a salone e vestibolo). Lo scarno arredamento originale come detto era costituito da semplici panche in legno di pino lucidato, alcune delle quali private degli schienali si conservano addossate alle pareti laterali sia nella "sala riunioni" sia nella "sala Locodromo". Per uno strano scherzo del destino, l'unico ambiente completamente originale che si conserva, è quello di una delle due ritirate (bagno). E' più che probabile che in occasione di questo riattamento dei primi anni '60, sia stato sistemato anche il pavimento che divenne in gomma (di due diversi materiali) con profili a terra in ottone. Infine il mezzo è ancora equipaggiato con primitivi carrelli AA, mentre i respingenti sono del vetusto tipo a bovolo.

LA COLORAZIONE DELLA CARROZZA 
Non abbiamo ancora fatto cenno alla livrea (colorazione) della carrozza. Con la statalizzazione delle imprese ferroviarie (1905), le neonate FS concentrarono le loro attività di progetto e coordinamento della manutenzione, nella sede centrale del Servizio Materiale e Trazione di Firenze, privilegiando pertanto le linee progettuali delle ex SFM RA (Strade ferrate Meridionali esercizio Rete Adriatica in breve Rete Adriatica).
Quando si ricercano informazioni sulle livree dei mezzi ferroviari, non 
bisogna sottovalutare “i dipinti ed ancor di più le stampe d'epoca a colori 
(comprese quelle sul tipo copertine della Domenica del Corriere, Tribuna
illustrata, Illustrazione italiana o i manifesti pubblicitari). In esse i colori
sono in genere fedeli (inarrivabili in questo certe edizioni inglesi) con una
fedeltà a volte superiore della migliore foto a colori” (cit. Merlo). Questo
vale anche per i colori delle carrozze RA poi ripresi tali e quali dalle
neonate FS (imperiale grigio, cassa verde, telaio in nero iscrizioni sulla
cassa in giallo) come ben illustra un manifesto pubblicitario dei 
cioccolatini “Majani 1796”. Foto collezione Prete (clicca sull'immagine
per ingrandirla).
 Anche per la colorazione delle carrozze viaggiatori, dei bagagliai e dei postali, fu scelto uno schema che richiamava quello della Rete Adriatica. Tra il 1905 e il 1984 le FS facevano preparare tutti i colori e materiali di decorazione da un unico centro di produzione interno all'azienda (Mesticheria dell'Officina Grandi Riparazioni di Bologna), che utilizzava un ricettario chimico "proprietario" (definito poi da un'Istruzione Tecnica, intitolata "Coloritura e verniciatura del materiale rotabile", emanata il giorno 1 dicembre 1925 e aggiornata più volte con apposite circolari).
Il primo schema di colorazione applicato dalle FS alle carrozze fu quindi quello con cassa in "verde vagone", tetto (o imperiale) in "grigio cenere" mentre telaio, rodiggio (carrelli), respingenti, sottocassa e decorazioni erano di colore nero. Le scritte sul telaio erano in bianco, mentre quelle sulla cassa erano in giallo con ombreggiatura in rosso.
Particolare dello stemma FS di 
una delle tendine frangisole della 
vettura preservata a Mestre. Foto 
archivio GFM.

Conseguentemente i precedenti schemi di verniciatura vennero sostituti da quelli unificati FS introdotti dal 1905: ciò avvenne in occasione delle grandi riparazioni o di interventi di manutenzione che giustificassero la riverniciatura integrale del rotabile, progredendo perciò molto lentamente. Diverso il discorso per i rotabili nuovi come quello in esame, che al momento della consegna (1921/22), venne già immesso in servizio nei colori unificati FS. Mentre le circolari e istruzioni sulla coloritura del materiale rotabile fino al 1925 sono note e la stessa cosa possiamo dire per quelle dal 1950, sembrano introvabili quelle che vanno dal 1926 al 1949, che vennero annullate dall'istruzione del 1950 ed in essa sono puntualmente elencate per titolo. Dunque, il periodo che va dal 1928 al 1950, è quello in cui non si riesce a trovare documentazione FS sugli schemi di coloritura adottati, generando una certa incertezza tra le fonti dato che lo studio è affidato solamente all'analisi dei contributi fotografici rintracciabili e che per inciso sono in bianco e nero. Sembra assodato che lo schema verde durò all'incirca fino al 1935, quando fu adottato uno schema bicolore: castano per la parte inferiore della cassa e Isabella per la striscia comprendente i finestrini, l'imperiale divenne color alluminio, mentre i carrelli furono verniciati in color castano.

Le livree applicate al rotabile del GFM furono in sostanza
due: quella verde vagone (dal 1922 ad almeno la metà degli 
anni '30) e quella marrone ad olio (dal 1935 circa al 1961), che 
divenne in seguito castano (1961-oggi).
Quando nel corso degli anni 30' venne introdotta questa livrea bicolore "castano-isabella", secondo Mingari le FS decisero di adottare per le centoporte a cassa di legno come quella del GFM (probabilmente perché ritenute obsolete), una livrea semplificata monocolore impiegando una pittura più economica definita "marrone ad olio". Questo accorgimento avrebbe permesso di riconoscere immediatamente le carrozze a cassa di legno, distinguendole dai modelli più moderni a cassa metallica. Secondo Voltan invece la livrea bicolore fu applicata anche alle carrozze a cassa di legno, ma solo a quelle ricostruite o rinnovate con pannelli di rivestimento maggiorati. Anche secondo Voltan per le restanti carrozze (compresa quella del GFM), prima del secondo conflitto mondiale la colorazione venne modificata: telaio e carrelli in castano,  cassa in marrone ad olio, imperiale (tetto) in alluminio e scritte in giallo segnale con ombreggiatura in rosso segnale.
Un momento del trasporto della carrozza Bz 44094 presso la sede del 
GFM. Il convoglio, trainato da un M20 Diamond T Model 980/981 della
ditta Furlanis (già in dotazione all'esercito americano), è costretto 
impegnare la stretta svolta che da Via Circonvallazione porta in Via 
Olimpia. La carrozza è addobbata con un drappo recante la scritta 
"Gruppo Fermodellistico Mestrino". Foto di autore ignoto, collezione
F. Cerato.
Merlo asserisce invece che la variazione di colorazione con l'applicazione del "marrone ad olio" avvenne solo a partire dal dopoguerra e che un dato finalmente più certo sui colori dei mezzi ce lo assicura l'istruzione del 1950, soprattutto per le carrozze rinnovate come le 54000, le 24000, le 40000 (da queste ultime ricavate), le 44700 e le carrozze freno per linee a cremagliera: telaio, carrelli e ferramenta in castano, cassa in castano/isabella, imperiale color alluminio. In generale tuttavia permangono delle incertezze sul colore dei carrelli (castano o nero) e dell'imperiale in tela (grigio cenere o alluminio). Su qualche esemplare, forse nel periodo bellico e con il fine di identificare le carrozze dei treni ospedale, per il tetto fu adottato il "rosso per imperiali" (che Mingari definisce "rosso minio") che fu poi sostituito con certezza dal color alluminio nell'istruzione del 1950. Con l'adozione dello schema di colorazione semplificato in "tutto castano" applicato a partire dal 1961, alcune carrozze furono ricolorate con questa tinta e lo stesso avvenne di certo per questa carrozza quando venne restaurata a cura delle FS, per essere collocata dove ancora oggi la si può ammirare.

ACCANTONAMENTO E RESTAURO
L'inizio della fine della carriera di questo tipo di carrozze avvenne tra il 1961 e il 1964 quando a causa della loro anzianità, tutte le vetture a cassa di legno ancora in servizio avevano visto ridotta la loro velocità massima da 120 Km/h (categoria stella) a 100 o 90 km/h (categ. 1 o 2).

La carrozza Bz 44094 fotografata il giorno dell'inaugurazione della 
sede del GFM (26 settembre 1965). Si notano i finestrini non ancora 
"oscurati" a causa degli atti vandalici e la barra di sicurezza anticaduta 
installata in tutte le vetture a causa delle dimensioni degli stessi che 
eccedevano il "punto vita" dei viaggiatori. Sulla destra si intravedono la
851.112 FS e l'opera d'arte dedicata ai "Ferrovieri Italiani Pionieri di 
Civiltà". Foto dall'archivio del GFM (clicca per ingrandire). 
Nel 1962 rimanevano ancora in servizio ben 213 carrozze tipo 44000 (e in tutto 905 carrozze a cassa di legno), ma nel giro di pochi anni le centoporte a cassa di legno FS di tutte le serie vennero rapidamente accantonate, tanto che l'inventario del 30 novembre 1966 ne contemplava come esistenti solo 75 (su un totale complessivo di 4711 costruite) tutte ormai ritirate dal servizio e accantonate. L'inventario del 30 giugno 1967 riporta la sopravvivenza di 15 carrozze tipo 44000, mentre delle 370 carrozze costruite e identiche a quella del GFM ne rimanevano inventariate solo 3: la Bz 44048 (alienata nel maggio 1972), la Bz 44098 (alienata nel giugno 1969) e la Bz 44364 (ceduta probabilmente a un sacerdote tale "don Cirigliano" il 23 agosto 1967, non ritirata e accantonata a Silvi dal 1971, poi venduta nel novembre 1982).

Modello in scala H0 della Bz 44 094 prodotto da ACME per il negozio 
Navitren (articolo NVT04)Foto Dalla Libera (clicca per ingrandirla).
La Bz 44094 venne rinvenuta dalla squadra del GFM addetta al reperimento dei rotabili per la sede sociale, presso la Fervet di Castelfranco (altra gloriosa officina del circondario oramai chiusa), dove era accantonata in attesa di demolizione insieme ad altre tre vetture. La carrozza, che fu il primo mezzo trasportato presso la sede del GFM nell'estate del 1964, dai registri risulta alienata per vendita solo nel successivo novembre del 1965. Monumentata in Via Olimpia quando era ancora dotata dei finestrini in vetro, al fine di preservarla dai ripetuti atti vandalici di cui la stessa era stata fatta oggetto fin dall'inizio degli anni '70, gli infissi furono parzialmente oscurati con coperture metalliche areate.

ACME 50680 scala H0, carrozza CIcrz 44 133 in livrea verde
Nell'anno 2010, proprio questa carrozza è stata riprodotta in scala H0 da ACME nella versione di Epoca III in color castano. Il modello è stato realizzato in esclusiva per il negozio milanese Navitren proprio in occasione dei 45 anni dall'inaugurazione della sede del GFM (altri articoli del tipo 44000/44259 44290/44399 prodotti sono: ACME 55037 set CIcrz 44.006 + CIcrz 44.301 2 carrozze di 3a classe, livrea verde epoca II, 2009; ACME 55039 set Bz 44 324 + Bz 44 098, 2 carrozze di 2a classe, livrea castano IIIb, 2009; ACME 50680 CIcrz 44.133, carrozza di 3a classe, livrea verde tetto liscio epoca II, 2010).

ALTRE CARROZZE ESISTENTI
Venendo a parlare delle carrozze sopravvissute fino ad oggi, non trova conferma l'affermazione di F. Baroni apparsa su I Treni n. 320, secondo cui quella del GFM sarebbe l'unica carrozza a cassa di legno sopravvissuta in Italia. Dai dati raccolti attraverso le ricerche dello scrivente, del totale di 4711 carrozze a cassa di legno e carrelli che vennero realizzate, meno di una decina dovrebbero essere quelle in qualche modo preservate, nessuna atta alla circolazione. Sei carrozze sono conservate a Osso Croveo di Baceno (alcune con parti del mobilio originale): una mista di 1°e 2°classe (ABz.62.112), due di 1° classe (Az.24.360 e Az 24 424), tre di 2°classe  Bz 40094 (e non Bz 40091 come riportato probabilmente in modo errato in una didascalia di una foto di Stefano Paolini in quanto esiste una foto del suo trasferimento in cui si nota chiaramente la marcatura), Bz 44023 (dello stesso gruppo e dunque identica a quella del GFM) e Bz 44710 (appartenente alle 101 carrozze di provenienza varia ricostruite con cassa metallica di spessore maggiorato). Altra sopravvissuta è la Bz 40118 (ex ABz tipo 1910), in grigio ardesia, attualmente in dotazione (in attesa di restauro e secondo le notizie raccolte in pessime condizioni) al Museo Ferroviario Piemontese che l'ha rintracciata e recuperata a Novara dove era stata trasportata per essere utilizzata come chiesa (vedasi la relativa foto proposta su iTreni n 183 a pag. 24). A questo elenco, il libro di Voltan del 2018, ha aggiunto due ulteriori vetture: la carrozza americana BIz 29483 tipo 1906, trasformata nel 1927 in SDIz 248 (carrozza cucina/dispensa/bagagliaio del "treno Reale") e riconvertita in AMz 852 (carrozza per trasporto malati) nel 1932, conservata da un privato a Deiva Marina (SP); la Bz 24907, poi ABz 54373, ora 60 83 99 29046 presente (si dice in pessime condizioni) al museo di Trieste Campo Marzio.

Ricapitolando del sottogruppo di 370 carrozze a cassa di legno tipo 1918 marcate da 44000 a 44259 e da 44290 a 44399, solo due dovrebbero essere scampate alla demolizione, la Bz44094 del GFM e la Bz 44 023 del già menzionato "Treno dei Bimbi" di Baceno, conservata a Osso di Croveo (VB).

Per memoria si ricorda che l'altro treno d'epoca adibito scopi museali ("Museo della canzone" di Vallecrosia), è composto da una locomotiva 835 "Cirilla" e 2 carrozze centoporte a cassa di legno, ma del tipo a tre assi e non a carrelli (come quelle oggetto della nostra trattazione).

Si ringrazia per la lettura critica e l'insostituibile supporto informativo frutto delle sue ricerche presso l'inventario del Servizio Materiale e Trazione di Firenze: Pietro Merlo

Si ringrazia per la rilettura del testo: Susanna Barutti


Testo a cura di Massimo Prete

*Nota: lo studio delle fonti rivela alcune inesattezze quando si parla del gruppo 44700. Il libro di Michele Mingari sulle centoporte a cassa di legno contiene una piccola incongruenza quando si parla delle "quarantaquattromila" a cassa di legno e finestratura ridotta, rinnovate con pannelli di maggior spessore e assegnate al gruppo 44700-44826. A pagina 41 Mingari parla di 26 carrozze, ma poi ne elenca 27 (da Cz 44714 a 44730, 44739, 44742, 44745, 44746, da 44748 a 44752 e 44756) mentre a pagina 47 parla di 25 vetture, ma poi ne elenca 26 (da Cz 44714 a Cz 44752). Rimane incerto se la 44756 venne rinnovata. Anche il libro di Voltan contiene una inesattezza, l'autore parla di 27 unità rinnovate, ma poi a pag. 54 ne elenca solo 26 (da Cz 44714 a 44730, 44739, 44742, 44745, 44746, da 44748 a 44752), mentre a pag. 122 al precedente elenco aggiunge anche la 44738 portando il totale a 27 esemplari. Invece Pietro Merlo, parla sempre di 26 vetture (da Cz 44714 a 44730, 44739, 44742, 44745, 44746, da 44748 a 44752). L'album FS con la situazione al 31 ottobre 1942 indica il numero di 26 vetture (da Cz 44714 a 44730, 44739, 44742, 44745, 44746, da 44748 a 44752). 
Grazie al contributo di Luigi Voltan che potete trovare nei commenti a fondo pagina (Luigi Voltan che ringraziamo caldamente), la storia delle rinnovate/trasformate 44700 - 810 sembrerebbe trovare maggiore chiarezza con la formazione del gruppo già completata nella situazione e consistenza delle carrozze edita dalle FS nel 1932 (elenco generale dei veicoli - vol. 1). Per quanto riguarda le carrozze provenienti dalle terze classi "44.000 ordine 1918" a finestrini singoli, di cui fa parte la carrozza del GFM, risulta caotico il dato definitivo delle rinnovate, in quanto l'album del 1942 delle carrozze a cassa in legno fornisce una situazione, che poi viene smentita dalle schede inventariali. Infatti il predetto album elenca come carrozze rinnovate provenienti dalle "44000 1918" le 26 unità 44.714 - 730, 739, 742, 745, 746 e 748 - 752. Ma secondo l'inventario non è così: farebbero parte delle rinnovate le sole 44.714 - 725, 742, 746, 748 - 752 e 756 (ove quest'ultima nell'album 1942 apparterrebbe invece alle "ordine 1920" dotate di finestrini multipli) mentre le 726 - 730 e la 739 (o 738 ?) proverrebbero in realtà proprio da carrozze di quest'ultimo lotto portando il totale definitivo delle ex 44000 ordine 1918 a sole 20 unità.

Stemma automobilistico della San Giorgio
**Nota: Fondata a Sestri Ponente nel 1905 con il nome di "San Giorgio" - "Società anonima italiana per la costruzione di automobili marittime e terrestri", l'azienda inizia la sua attività con la costruzione di autovetture e di carrozze ferroviarie. La società era di proprietà della famiglia Odero, proprietaria anche dei "Cantieri Odero" di Genova. La sede direzionale si trovava in un'elegante palazzina liberty (che si conserva) progettata dall'architetto Gino Coppedè. Sempre nel 1905 la società San Giorgio di Sestri rilevò un'officina preesistente di Pistoia specializzata nella produzione di carrozze da cavalli. Con l'ingresso della San Giorgio, la produzione di questo vecchio opificio venne convertita nella costruzione di carrozzerie per auto. La nuova proprietà acquistò inoltre un terreno in viale Pacinotti a Pistoia (di proprietà Guidi), con l'intenzione di costruirvi un nuovo stabilimento per la riparazione del materiale rotabile ferroviario. Il primo progetto prevedeva l'innalzamento di nove capannoni, ridotti poi a quattro prima dell'inizio dei lavori, avviati subito dopo il rilascio della licenza edilizia, il 27 settembre 1906.

Ingresso delle Officine "S.Giorgio" in Via Pacinotti a Pistoia, dove venne 
costruita la carrozza centoporte a cassa di legno del GFM.
La direzione dei lavori venne affidata all'ingegner Pilo Becherucci che sovrintese alla costruzione dei capannoni, mentre il progetto della palazzina d'ingresso (1907-1908) fu affidato a Gino Coppedè che aveva già costruito lo stabilimento della San Giorgio a Sestri Ponente.
La San Giorgio inizia la sua attività nel nuovo stabilimento nel 1907 e già due anni dopo questo era divenuto il più importante complesso industriale della città di Pistoia. Mentre la "San Giorgio" ligure si specializzò nella produzione di dispositivi ottici, nella progettazione di strumenti di precisione e nell'elettromeccanica divenendo negli anni cinquanta la "Nuova San Giorgio S.p.A." (società che contribuì allo sviluppo dell'elettronica italiana), quella pistoiese venne anche riconvertita temporaneamente alla produzione bellica durante la prima guerra mondiale.
Veduta aerea dello stabilimento delle Officine Meccaniche Pistoiesi, già San
Giorgio. Foto degli anni '60, autore ignoto. 
Ritornata ad occuparsi del settore ferroviario, nel secondo dopoguerra lo stabilimento pistoiese cambiò denominazione in Officine Meccaniche Ferroviarie Pistoiesi. Nel 1969 la società assunse la denominazione di Ferroviaria Breda Pistoiesi con stabilimenti a Sesto San Giovanni, Milano Niguarda e Pistoia, ma solo un anno dopo (1970) tutta la produzione fu trasferita nella sola sede di Pistoia. L'anno successivo (1971) cambiò denominazione in "Breda Costruzioni Ferroviarie" e nel 1973 viene costruito il nuovo stabilimento in Via Ciliegiole, in sostituzione del vecchio stabilimento costruito dalla San Giorgio in via Pacinotti (restaurato e riqualificato nel 2012). Nel 1996 viene venduta a Finmeccanica, per fondersi poi (2000) con Ansaldo Trasporti nella Ansaldo Breda S.p.A. Infine nel 2015 è stata acquisita dal gruppo Hitachi diventando Hitachi Rail Italy.

Bibliografia:
Pietro Merlo, "Il parco carrozze FS 1910-1922" in Bollettino FIMF n.ri 196, 197, 198, 198, 199, 200. 201, 202 (errata-corrige), 1992-1993-1994
Michele Mingari, "Carrozze cento porte con cassa di legno", Firenze, Pegaso, 2012
Luigi Voltan, "Carrozze FS a cassa di legno", Firenze, Pegaso, 2018
Vittorio Cervigni, "Centoporte", Brescia, Etr-Gieffeci, 1991
Le ferrovie dello Stato nel primo decennio Fascista 1922 I-1932 X, Novara, I. G. De Agostini, 1932.
Evaristo Principe, "Carrozze FS dal tipo 1920 al tipo 1929", Treninscala, 2009
Michele Mingari, "Il colore delle locomotive a vapore FS" in iTreni n.352, 2012
Marco ScalaeNNe, "Carrozze “Centoporte” , Scalaenne, 2014



3 commenti:

  1. Grazie per aver citato e utilizzato anche il mio lavoro di ricerca ed avermi ringraziato; avete colto lo spirito del mio operare cioè la massima gratuità e condivisione nonché diffusione. Due sole osservazioni a) lo schema coloritura fs del 1905/06 deriva da quello SFM RA (Strade ferrate Meridionali Rete Adriatica) cassa in verde e non da quello delle Sfi RM (Strade ferrate italiane Rete Mediterranea) cassa in morello indiano, cioè il marrone scuro della castagna d'india (il frutto dell' ippocastagno
    b) mentre le circolari e istruzioni sulla coloritura del materiale rotabile fino al 1925 sono note e stessa cosa per quelle dal 1950 sembrano introvabili quelle dal 1926. al 1949 annullate dall' istruzione del 1950 ed in essa elencate...se qualcuno le avesse in originale o fotocopia farebbe opera meritoria condividendole

    RispondiElimina
  2. Ringrazio per aver inserito il mio lavoro in questa preziosa ricerca, la quale mi permette peraltro di mettere in luce alcune discrepanze mie e non solo rispetto a quanto effettivamente realizzato dalle FS in merito di rinnovamenti di carrozze a cassa in legno.
    A fare luce è la scheda inventariale FS delle carrozze 44.700, che mi giunse a cavallo della chiusura del mio lavoro, assieme a molte altre di altri gruppi, quindi in un momento un pochino concitato e pregno di ricontrolli della corrispondenza di centinaia di marcature, cosa che mi indusse in questa (e magari altre) imprecisioni che mi portano ovviamente a scusarmi con i lettori.

    Innanzitutto la datazione della trasformazione e rinnovamento da 44.000 a 44.700 - 810: la troviamo completa già nella situazione e consistenza delle carrozze del 1932 edita dalle FS (elenco generale dei veicoli - vol. 1). Per questo motivo ho "chiuso" la realizzazione delle 44.700 rinnovate entro tale anno.

    Per quanto riguarda invece le terze classi 44.000 "ordine 1918" a finestrini singoli, di cui fa parte la carrozza della Vostra sede, risulta caotico il dato definitivo delle rinnovate, in quanto l'album del 1942 delle carrozze a cassa in legno fornisce una situazione, che poi viene smentita dalle schede inventariali.
    Infatti il predetto album elenca come rinnovate provenienti dalle nostre "1918" le 26 unità 44.714 - 730, 739, 742, 745, 746 e 748 - 752.
    Ma secondo l'inventario non è così: farebbero parte delle rinnovate le sole 44.714 - 725, 742, 746, 748 - 752 e 756, ove quest'ultima nell'album 1942 apparterrebbe alle ordine 1920 (quindi con finestrini multipli) e le 726 - 730 e la 738 proverrebbero in realtà proprio da carrozze di quest'ultimo lotto.
    Il totale definitivo quindi....sarebbe di sole 20 unità.

    Ringrazio nuovamente per l'attenzione e per questo spazio che mi ha dato modo di chiarire (anche a me stesso) questo piccolo aspetto.

    Cordiali saluti

    Luigi Voltan

    RispondiElimina