giovedì 3 maggio 2018

La locomotiva 851.112


Foto oramai storica della 851.112 FS, con mancorrenti, 
bielle e ruote di colore sbagliato, dettagli corretti con il 
restauro esteriore del 2019. La targa FS invece, è rimasta
con il fondo di colore rosso (il colore "coerente" di questo 
accessorio rimane oggetto di dibattito), mentre purtroppo
la maniglia del volantino della camera a fumo è rimasta
nel colore errato. La locomotiva è qui ritratta con i fanali
elettrici di cui era stata dotata a fine carriera. I grandi 
fanali a petrolio di origine ottocentesca, sono conservati
all'interno della carrozza centoporte Bz 44094. Foto 
Cosmo, archivio GFM per gentile concessione (clicca per
ingrandire).
La locomotiva a vapore FS 851.112, costruita dalla Breda nel 1904 e già assegnata al deposito locomotive di Padova, dopo essere stata posta nella sede del GFM il 14 agosto 1965 ed aver assistito all'inaugurazione della medesima il 26 settembre 1965, è divenuta di proprietà dell'associazione l'8 giugno 2009. Precedentemente il  Ministero dei Trasporti l'aveva "prestata" al GFM in "concessione precaria a titolo gratuito a tempo indeterminato revocabile in qualsiasi momento".

LE LOCOMOTIVE GRUPPO RA 270 POI 851 FS
Le locomotive del gruppo 851, sono state un tipo di locomotive-tender a vapore delle Ferrovie dello Stato (FS) e precedentemente delle Strade Ferrate Meridionali esercizio Rete Adriatica, in breve Rete Adriatica (SFM RA). Furono progettate e fatte costruire da quest'ultima, quali macchine per il servizio di linea e di spinta sulle impervie linee appenniniche dell'Italia centrale.

Foto di fabbrica della RA 2711 costruita "Società Italiana Ernesto Breda 
per Costruzioni Meccaniche" (SIEB) di Milano e consegnata nel 1989. Le 
locomotive della prima fornitura avevano la cabina aperta sul lato 
posteriore, peculiarità di foggia tipicamente ottocentesca. Nel seguito la 
cabina venne chiusa lateralmente e posteriormente con una parete dotata 
di finestrini.  E' immortalata con la livrea (colorazione) grigia, utilizzata 
provvisoriamente su alcune macchine per le riprese fotografiche al fine 
di documentare l'attività delle industrie costruttrici. Foto Breda/FS, 
archivio Fondazione FS, clicca per ingrandire.

A causa del ridotto carico assiale ammesso su queste ferrovie, si optò per una locotender con scorte di carbone e acqua ridotte, in quanto il traino di un tender separato avrebbe assorbito la potenza necessaria al rimorchio di due carrozze. Si decise pertanto di sfruttare i frequenti rifornitori d'acqua di cui erano state munite queste nuove ferrovie, sia in stazione che lungo linea, per limitare il peso delle locomotive. Dotate di buone caratteristiche in fatto di massa aderente, potenza e velocità e provviste di autonomia sufficiente e ben calibrata sulle effettive necessità di esercizio, le 18 unità di "prima serie", consegnate nel 1898 (Breda 12, RA 2701-2712 poi 851.079-090 FS e Ansaldo 6, RA 2713-2718 poi 851.091-096 FS), furono destinate alle linee Sulmona–Isernia, Foggia-Potenza e ai tronchi Terni–Ancona e Pescara–Avezzano.
Foto di fabbrica della 2714 RA (poi 851.092 FS), una delle sei macchine di 
prima serie costruite da Ansaldo.  Si può osservare che nelle macchine 
Ansaldo l'incavo nella cassa utile per effettuare la lubrificazione delle bielle
era di dimensioni estremamente ridotte e di forma circolare (come si vede 
sembra un grande punto nero), mentre nelle locomotive Breda era più 
ampio e rettangolare (si veda la foto precedente). Foto Ansaldo/FS 
archivio Fondazione FS, clicca per ingrandire.

Questo lotto fu munito del freno a vuoto Smith-Hardy già utilizzato dalle Strade Ferrate Alta Italia e dalle Strade Ferrate Romane e di cui la Rete Adriatica aveva mantenuto ed esteso l'uso. I buoni risultati d'esercizio, indussero la Rete Adriatica a ordinare altre locomotive di questo tipo, che definiremo di "seconda serie" per via del loro telaio rinforzato. Vennero quindi commissionati un secondo lotto di 18 unità e un terzo di 24 pezzi.

Foto di fabbrica della prima locomotiva di seconda serie (con telaio 
maggiorato) costruita da Ansando nel 1900 e immatricolata RA 2719 
(poi 851.097 FS).  Si notano: la cabina ora chiusa e dotata di un 
grande finestrino posteriore con apertura superiore ad arco, la mancanza
di un'imposta nella cassa per la lubrificazione di bielle e cuscinetti, la novità
dei compressori per il freno Westinghouse che sostituivano il freno a vuoto 
e davanti alla cabina sopra ad un piccolo duomo, la valvola di sicurezza 
Ramsbotton. Foto Ansaldo/FS archivio fondazione FS.  
Di questo secondo lotto di 18 mezzi, 16 locomotive vennero effettivamente consegnate nel 1900 (Ansando 12, RA 2719-2730 poi 851.097-108 FS) e 1901 (Ansaldo 4RA 2731 poi 851.109 FS e RA 2732-2734 poi 851.101-103 FS); le due macchine mancanti per completare questa commessa vennero consegnate insieme a quelle del terzo lotto a partire dal 1904 (CM Saronno 6, RA 2735-2740 poi 851.004-009 FS e Breda 20, RA 2741-2755 poi 851.010-024 FS e RA 2756-2760 poi 851.110-114 FS), andando così a completare il gruppo RA 2701-2760 a cui apparteneva anche la locomotiva del GFM, terz'ultima unità immessa in servizio del gruppo originale della Rete Adriatica. Come accennato, per queste macchine del secondo e terzo lotto dette "di seconda serie", venne deciso un irrobustimento del telaio, ma l'onere di dover mantenere il peso assiale entro i limiti stabiliti per l'esercizio delle linee appenniniche della RA, ebbe come conseguenza una ulteriore riduzione delle scorte a bordo che riusci a compensare solo parzialmente l'aumento di peso del telaio di 1,9 tonnellate.

Foto della RA 2748 di seconda serie (terzo lotto di fornitura), ripresa
nel 1904, nuova di fabbrica, presso la Ernesto Breda (SIEB) di Milano
e gemella di quella del GFM. Questa locomotiva, entrata nel parco 
FS dopo il 1905-06 con la marcatura intermedia FS 8527, con 
l'introduzione nel 1919 della marcatura unificata a sei cifre, divenne
la FS 851.017. Questa macchina si presenta con l'aspetto definitivo delle 
locomotive RA 270 e infatti si può osservare la cabina di guida ora chiusa
dotata di aperture posterioril'incavo di lubrificazione delle bielle di 
dimensioni ulteriormente maggiorate rispetto alle Breda di prima serie 
e che diventerà lo standard del gruppo, la presenza (tra il camino e la 
cassa con le scorte di acqua) del compressore Westinghouse e davanti 
alla cabina la valvola di sicurezza Coale che sostituiva quella 
Ramsbottom. Foto Breda/FS, archivio Fondazione FS (clicca per 
ingrandirla).
Pertanto le riserve d'acqua passarono da 5700 a 5000 litri, quelle di carbone da 1,4 a 1,2 tonnellate, mentre il peso massimo complessivo della locomotiva salì da 43 a 44 tonnellate. Dato che dal 1891 in poi, l'Ispettorato Generale delle Strade Ferrate (organo del Ministero dei Lavori Pubblici cui competeva la vigilanza sull'operato delle società ferroviarie) aveva dapprima suggerito e poi imposto per i treni passeggeri, la sostituzione del freno a vuoto col freno Westinghouse, le locomotive di seconda serie furono dotate del freno ad aria compressa automatico e moderabile del tipo Westinghouse con installazione del compressore (monostadio) sul lato destro anteriore.

Foto della locomotiva RA 2703 di prima serie (Breda 1989, poi FS 8591
infine 851.081 FS) ripresa al traino al traino di un lungo merci sul primo
binario della nuova stazione di Sulmona (1888), probabilmente in arrivo
da Castel di Sangro. Si notano: le ampie aperture nella cassa usate per 
lubrificare le bielle (differenti dai coevi modelli Ansaldo), le mattonelle 
di carbone di scorta (a destra del duomo), ma soprattutto la cabina di 
guida già chiusa sul retro solo pochi anni dopo la costruzione del mezzo
(siamo certamente tra il 1900 e il 1905). La locomotiva era stata progettata 
proprio per i servizi sulle acclivi linee abruzzesi afferenti al centro Peligno 
(clicca sulla foto per ingrandirla).
Nel frattempo la RA aveva avuto modo di effettuare un ulteriore ordine di 12 locomotive tipo 270 che avrebbero dovuto essere immatricolate come RA 2761-2772, ma che invece vennero consegnate direttamente alle neonate FS nel secondo semestre del 1905 e furono classificate F.S. 8535-8546 (poi 851.025-036 FS). L'azienda statale, subentrata nel biennio 1905-1906 alle precedenti società private, trovandosi costretta a far fronte rapidamente all'aumento del traffico merci (che era triplicato nel periodo 1985-1905 e raddoppiò ulteriormente nel decennio successivo 1905-1915), confermò la validità del progetto reputando queste locomotive meritevoli di ulteriori urgenti commesse, nell'attesa di  completare lo sviluppo di nuovi gruppi di macchine più moderne e potenti.
Ancora una ripresa di una locomotiva RA 270, in questo caso la 2716 
(poi FS 851 094), appartenente a quelle di "seconda serie" e costruita
da Ansaldo nel 1900. E' immortalata in una cartolina della "premiata 
ditta Colaprete" mentre sosta sul terzo binario della stazione di 
Sulmona prima del 1906. Foto Colaprete Collezione Cleri (clicca per 
ingrandirla).
Pertanto le FS ordinarono ai produttori la fabbricazione di ulteriori 135 locomotive di seconda serie (con le sole ed eventuali modifiche suggerite dall'esercizio quotidiano) protraendo la costruzione di macchine di questo gruppo fino al 1911 e raggiungendo il ragguardevole totale di 207 unità. La validità del progetto di questa macchina si evince anche dal fatto la produzione delle 851 si protrasse fino al 1924, quando avvenne la consegna delle locomotive SIF da 85101 a 85104 riscattate dalle FS nel 1956 e immatricolate 851.01, 851.03, 851.04 o 851.208-210 (la locomotiva 851.02 era andata distrutta durante la seconda guerra mondiale).
Locomotiva FS 8697 (poi 851.187), costruita da Costruzioni Meccaniche 
di Saronno (poi CEMSA) nel 1909, qui fotografata sul 2° binario della 
stazione di L'Aquila (fino al 1939 Aquila) lungo la linea Terni-Sulmona; 
da notare la chilometrica della stazione impostata su Pescara (Porta 
Nuova) punto di partenza originario della linea. Siamo nel periodo 
antecedente il 1919, anno di introduzione della marcatura FS a sei cifre. 
Cartolina Edizioni Maddalena; clicca sulla foto per ingrandirla.

Queste 207 locomotive, numerate dapprima F.S. 8511-8699 e 85290-86307, con l'applicazione della Circolare nº 89.T del 16 giugno 1919, che estendeva anche alle 851 in via definitiva la regola di marcatura a sei cifre con punto di separazione, assunsero la numerazione definitiva 851.001-207 (le ex RA 2732-2755 diventarono le 851.001-024 FS; le ex RA 2701-2712, 2718-2731, 2713-2717 e 2756-2760, seguendo l'ordine di consegna, diventarono le 851.079-114 FS). La nota richiamata  disponeva inoltre l'apposizione di una targa in bronzo posta ai lati delle cabine (ad esempio non ancora applicata nel 1921 alla 851.117 vedi retro di copertina su iT 397) e della marcatura a pittura in bianco sulla testata anteriore e sulla parete posteriore della locotender.

PROGETTO E CARATTERISTICHE TECNICHE 
Disegno FS di una locomotiva 851, archivio Fondazione FS (clicca 
sulla foto per ingrandirla).

Superata la prima fase dello sviluppo del sistema ferroviario italiano, durante la quale le locomotive venivano acquistate dalle industrie produttrici italiane e straniere che avevano elaborato i relativi progetti, le due maggiori società ferroviarie nazionali iniziarono la progettazione in autonomia dei propri veicoli.
 In particolare la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali nel 1880 istituì a Firenze un proprio Ufficio Studi che fu ereditato dalla Rete Adriatica (* vedi nota a fondo pagina) dove venne sviluppato lo studio delle RA 270 (che per alcuni particolari dimostra un rapporto col coevo gruppo 350 bis RA poi FS 290). Come tipico di questo centro studi fiorentino, fu privilegiata la semplicità di progetto, specialmente del motore e del meccanismo della distribuzione.
Cartolina ricordo con il personale, la rimessa e la piattaforma girevole 
del vecchio deposito locomotive di Castellammare Adriatico, oggi 
Pescara C.le (impianto riprodotto in H0 da Borra, Messeri e Totaro  
vedi TTmodellismo 80). Sono presenti due 851, una delle quali è la F.S.
8651 (poi 851.141 FS) costruita da OM filiale di Napoli nel 1909 e qui
ripresa tra questa data e il 1920. Foto collezione Acaf Montesilvano, 
clicca per ingrandire.
Tale scelta generò una significativa economicità dell'esercizio ed ebbe tra le sue conseguenze anche un marcato apprezzamento da parte del personale di macchina e di officina. Fu scelto un rodiggio 0-3-0 ossia "tipo C" UIC, con ruote di 1,51 metri di diametro, interasse fra le sale estreme di 4 metri (lunghezza tra i respingenti di 9 metri), massa tutta aderente (in servizio 43 tonnellate) e un modesto carico per sala di 14,3 e 14,4 t nel primo gruppo di 18 macchine consegnate nel 1898 e di 14,6 e 14,7 t nel secondo e terzo lotto di macchine col telaio maggiorato consegnate a partire dal 1900.
Figurino di una 851 di seconda serie di produzione Breda. Si possono 
osservare: la cabina di guida chiusa posteriormente e dotata di tre 
finestre (le macchine Ansaldo avevano un solo grande finestrino centrale)
il compressore del freno Westinghouse (sul lato destro anteriore), la 
valvola di sicurezza Coale che sostituiva quella Ramsbottom (al centro
davanti alla cabina), la carbonaia e i due tappi dei serbatoi dell'acqua 
(nella visione dall'alto). Autore ignoto, archivio Database Pescaraferr
(clicca per ingrandirla).

La caldaia, che conteneva 2,9 m³ d'acqua, aveva una superficie di riscaldamento di 94,16 m², di cui 87,8 m² dei tubi bollitori e 6,36 m² della parte del forno sopra la graticola ("cielo del forno") e generava vapore saturo con una produzione di 4 700 kg all'ora. Il motore era a semplice espansione, con due cilindri esterni gemelli, aventi alesaggio di 430 mm e corsa dello stantuffo di 580 mm, meccanismo Walschaerts e distributori a cassetto. Tutte le 851 erano dotate di uno scappamento variabile, del tipo "a pera", la potenza normale era di 294 kW (400 CV) a 30 km/h (ciò spiega il successivo impiego nella manovre: nella trazione a vapore la potenza, e quindi il carico trainabile, è massima nell'intervallo centrale delle velocità sviluppabili), mentre la velocità massima era di 60 Km/h. Tutte le macchine erano predisposte per erogare il vapore per il riscaldamento delle carrozze viaggiatori. Diversamente dalle altre locomotive di rodiggio C pervenute alle FS nel biennio 1905-1906, le 851 si dimostrarono sufficientemente potenti, veloci e versatili da potere espletare anche servizi di linea con treni viaggiatori diretti. Perciò le FS stabilirono che, in occasione delle grandi riparazioni, le loro caldaie fossero sostituite con quelle del gruppo 875 (progettato nel 1911).

LA 851.112
La 851.112 in servizio di manovra fotografata durante una pausa per 
"accudienza" mentre sosta nel binario FS che si affiancava al 1° binario 
della stazione di Padova Borgo Magno (di cui si riconosce sullo sfondo la
caratteristica pensilina metallica)La stazione di testa di Padova Borgo 
Magno, era il capolinea sud della Ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano, 
che venne chiusa nel dicembre 1958. La locomotiva monta ancora i fanali 
anteriori del tipo originale. Foto collezione Chiericato per gentile 
concessione (clicca per ingrandirla).

Le 851 espletarono i servizi per cui erano state progettate fino alla fine degli anni venti. Successivamente  l'aumento delle composizioni dei treni e l'introduzione nel parco d'un numero crescente di carrozze a cassa metallica (più pesanti), insieme a quella delle nuove locomotive del gruppo 940, permise di ritirare le 851 da molti servizi di linea (in alcuni dei quali avevano dovuto essere impegnate in doppia e in tripla trazione a causa dell'aumento delle masse da trainare) e di assegnarle a quelli di manovra, specialmente nell'Italia centrale e meridionale. In questo nuovo ruolo queste locomotive ebbero modo di fare apprezzare le loro buone caratteristiche di potenza e di velocità massima, che grazie alla massa tutta aderente, permettevano l'erogazione di prestazioni significative, migliori di quelle delle 835 anche nel regime di funzionamento tipico delle manovre.

Locomotiva 851.112 in servizio di manovra sul binario tronco lato Ve posto a 
sud del binario 1 di Padova Centrale (attualmente binario 1 metropolitano), 
fotografata nel luglio del 1963. Da notare il numero 02 appeso sul fianco 
della cabina di guida e indicante il numero della macchina di manovra e 
fanali divenuti elettrici. Quelli posteriori sono alimentati tramite un filo elettrico
"volante" che esce dalla finestra posteriore centrale della postazione di guida.
Dietro alla scaletta di accesso alla cabina, si riconosce la nuova cassetta 
contenente gli accumulatori (batterie) che alimentavano dette luci. Solo due 
anni dopo rispetto a questa foto la macchina risultava già accantonata, anche 
se atta al servizio. Foto gentilmente concessa al GFM dall'autore Ing. Renato 
Cesa De Marchi (clicca per ingrandirla)
La macchina esposta in Via Olimpia 13, immatricolata come RA 2758 (terz'ultima macchina del terzo lotto)
rimarcata transitoriamente dalle Strade Ferrate Meridionali SFM 2758, pervenne alle FS nel 1906 ottenendo la numerazione intermedia F.S. 8622 e infine con la riclassificazione delle locomotive statali attuata nel 1919 divenne la 851.112. Come già accennato essa faceva parte di una commessa di 20 macchine consegnate dalla Breda (SIEB) di Milano alla Rete Adriatica nel 1904, e divise successivamente dalle FS in due sotto lotti differenti (851.010-024 e 851.110-114).
Ancora la locomotiva 851.112 in servizio di manovra sull'attuale binario 1 
metropolitano di Padova Centrale, questa volta ritratta frontalmente. Dal 
lato della carbonaia, anche se parzialmente occultato dal duomo, si nota il
rialzo artigianale che serviva sia a incrementare le scorte di carbone a 
bordo, sia ad aumentare la massa per avere sempre disponibile il massimo
dell'aderenza (utilissima nelle operazioni di manovra). Dietro alla 
locomotiva, si riconosce una carrozza Bz 44 000-259 / Bz 44290-399, 
identica a quella del GFM. Foto scattata sempre il 26 luglio del 1963 
dall'Ing. Renato Cesa De Marchi, archivio Fondazione FS. 

Curiosamente, sembra che il destino di questo secondo sotto-lotto di macchine "made in Breda" (851.110-112), fosse quello di essere trasformate in locomotive "monumento" al termine della loro carriera in servizio attivo. Infatti, oltre alla macchina del GFM, la 851.110 è ora al Museo Nazionale FS di Pietrarsa, mentre la 851.113 è conservata a Palagianello (priva delle bielle). Purtroppo non vi sono dati storici ufficiali sugli impianti di assegnazione della locomotiva 851.112, ne durante il primo anno di esercizio sulla Rete Adriatica/SFM, ne per il periodo che va dal 1906 (anno di trasferimento alle FS) e arriva fino al 1922.

Ingrandimento della foto precedente che permette di osservare la carrozza 
tipo Bz 44 000-259 / Bz 44290-399, identica a quella conservata presso il 
GFM (clicca sulla foto per ingrandirla).
Possiamo solo analizzare la consistenza dei conferimenti del gruppo 851 nei vari periodi per poter meglio identificare il tipo di servizio al quale era dedita anche la 851.112. Nell'inventario del 1906 le macchine erano così distribuite: Antrodoco 11, Avellino 13, Salerno 4, Sulmona 22 e Tivoli 35 mentre 3 erano in officina per grandi riparazioni o riparazioni speciali e 26 risultavano ancora in costruzione. La parte del leone la fanno i depositi dell'Italia Centrale sulla direttrice Roma-Sulmona-Pescara e sulla Sulmona-Terni. Nel 1910 continua la preminenza dei depositi appenninici e infatti le assegnazioni erano: Antrodoco 15, Avellino 38, Benevento 1, Catanzaro 16, Cosenza 10, Foggia 12, Roma Tuscolana 2, Salerno 9, Sulmona 49, Tivoli 39; 14 locomotive erano in officina e 1 ancora in costruzione.

Immagine del registro FS in cui vennero segnati gli impianti di assegnazione
della 851.112 nel periodo dal 1922 al 1940. Con la lettera "O" sono segnalate 
le soste in officina per manutenzione, con la lettera "D" le assegnazioni ai 
depositi veri e propri. Foto Aldo Riccardi per gentile concessione dello stesso 
che lo scrivente ringrazia in modo particolare.
La situazione comincia a variare decisamente nel 1918 con le prime consistenti assegnazioni anche a impianti di pianura con le 851 utilizzate sia in servizi di linea, ma anche di manovra; la dotazione dei Depositi in quell'anno era infatti la seguente: Brescia 19, Catanzaro 17, Cosenza 9, Foggia 16, Livorno 2, Roma San Lorenzo 15, Salerno 14, Sulmona 33, Taranto 11, Terni 24, Tivoli 29; mentre ben macchine 19 erano in officina. Dopo questa data i registri d'inventario FS diventano più precisi e dagli stessi emerge che la locomotiva venne assegnata al Deposito Locomotive di Terni dal 3 giugno 1922 al 27 luglio 1928 venendo probabilmente ancora utilizzata per servizi di spinta e trazione sulle acclivi linee appenniniche per l'esercizio delle quali era stata appositamente progettata. Da segnalare che durante il periodo ternano subisce un fermo per manutenzione presso le Officine FS di Taranto (dipendenti dalla divisione trazione e materiale di Napoli) dal 19 novembre 1925 al 30 marzo 1926 (fermo tecnico di 131 giorni). In seguito, probabilmente perché soppiantate dalle 940 FS, ebbe probabilmente inizio il periodo della seconda vita di questo gruppo di macchine che vennero adibite anche ai servizi di manovra. La 851.112 venne infatti trasferita al Deposito Locomotive di Lecce sino al giorno 8 Maggio 1931 e poi ancora in Puglia, a Bari, dove prestò servizio sino al 23 novembre 1935.

Foto della scheda inventariale originale della 851.112 per il 
periodo che va dal 1939 alla data di radiazione. Si possono notare
varie annotazioni, in basso quella che segnala la "cessione a titolo 
precario al GFM", il successivo passaggio inventariale al Sevizio 
Affari Generali del 1982 e quella doppia che ricorda come la 
macchina sia dotata della pregiata caldaia in acciaio. Come già 
detto la locomotiva è divenuta proprietà del GFM solo nel 2009. 
Foto Aldo Riccardi, per gentile concessione dello stesso che lo 
scrivente ringrazia sentitamente (clicca per ingradire).  
Al termine del servizio a Bari, venne inviata in officina nuovamente a Taranto (dove giunse il 26 novembre ripartendo il 9 gennaio 1936) subendo un fermo tecnico di 44 giorni necessari per una Riparazione Ciclica, al termine della quale venne brevemente assegnata al Deposito di Ancona (dal 16 gennaio 1936 al 6 luglio 1936).
Trovò poi un più duraturo utilizzo nel deposito di Mantova sino al 18 gennaio 1939 e al termine dell'assegnazione nella città virgiliana fu trasferita a Trieste Centrale per poco meno di un anno (20 gennaio 1939 - 1 gennaio 1940).
Dalla "città giuliana" fu trasferita al Deposito Locomotive di Udine rimanendo in Friuli fino al 23 aprile 1942. Ancora un passaggio in officina, questa volta a Verona Porta Vescovo dove rimane dal 25 Aprile al 24 giugno 1942 (fermo di 60 gg), al termine del quale viene assegnata per l'ennesima volta a un nuovo impianto: questa volta si tratta di Bologna dove, probabilmente a causa della guerra in corso, la locomotiva arriva solo il 4 luglio del 1942. Non vi sono dati certi sul tormentato periodo finale della guerra e infatti il registro del mezzo nemmeno  segnala la partenza dal capoluogo felsineo, ma annota solo il successivo periodo di assegnazione a Piacenza dal 1 luglio 1945 al 29 agosto 1946.

Vigilia di ferragosto del 1965: fotografia della locomotiva 851.112 FS 
appena restaurata e addobbata per l'occasione con drappi con la 
scritta Gruppo Fermodellistico Mestrino. E' posizionata sopra un 
carrello per trasporto carri a domicilio e l'immagine mostra la fase di
aggancio al potente camion M20 Diamond T Model 980/981 della ditta
Furlanis (residuato della seconda guerra e già in dotazione all'esercito
americano). Siamo in Via Trento a Mestre presso i magazzini del 
cosiddetto "scalo Nuovo" delle FS. Foto di autore ignoto, collezione 
Cerato, clicca per ingrandire.
Con la guerra appena finita e paese e ferrovie da ricostruire, i trasferimenti non possono che essere su breve distanza, così la macchina rimane in Emilia e questa volta va a Parma dove la locomotiva "112" è presente dal 31 agosto 1946 al 9 ottobre 1948. La macchina viene nuovamente trasferita in officina, ma questa volta le conseguenze della guerra si fanno sentire e la locomotiva vi giunge solo il 7 dicembre successivo. Probabilmente sempre a causa del periodo storico, l'officina dove avviene il ciclo manutentivo è al di fuori di quelle dell'azienda di Stato e pertanto la macchina viene revisionata presso le Officine Meccaniche della Stanga (OMS) di Padova.

Mentre le sorelle sono ancora impegnate con il servizio 
regolare, in questa foto scattata il 14 agosto 1965 possiamo 
rinverdire il ricordo del trasporto della locomotiva 
(amichevolmente chiamata dai soci "Gigia") presso la sede 
del GFM. Si può notare il camino smontato per non 
interferire con i fili della filovia allora in servizio a Mestre
(si osserva un filobus dietro alla locomotiva). Ci troviamo in 
Via Piave, poco oltre l'incrocio con Via Cavallotti (in direzione 
centro), dove all'angolo si scorgono le insegne del panificio 
ancor oggi presente. Foto di autore ignoto collezione GFM
per gentile concessione (clicca per ingrandire).
Il fermo è piuttosto lungo (forse a causa della penuria delle parti di ricambio) e si protrae fino al 16 maggio 1949 (per un totale di 160 giorni di permanenza in manutenzione). Da questo momento in poi la macchina rimarrà sempre assegnata al Deposito patavino, e subirà solo un fermo per manutenzione in officina (Grande Revisione) che venne svolta alle OGR FS di Verona Porta Vescovo dal 23 agosto 1957 al 31 dicembre 1957 (130 giorni). La macchina fece in tempo a ricevere una Revisione Intermedia a Bologna Centrale nel 1963, motivo per cui avrebbe potuto circolare fino al 1967, ma per ragioni sconosciute venne accantonata ancora atta al servizio prima di quella data. Infatti, quando la squadra del GFM addetta al reperimento dei rotabili per la sede sociale, la visionò nel 1965 presso il deposito di Padova, la trovò già ferma da tempo. Lo studio dei documenti e delle fonti non ha confermato l'affermazione di F. Baroni apparsa nel libro edito dal GFM "Mestre stazione di Mestre" (dedicato alla storia del Gruppo), secondo cui la macchina sarebbe stata assegnata anche a Foggia.

LA COLORAZIONE 
Quando si ricercano informazioni sulle livree dei mezzi ferroviari, non 
bisogna sottovalutare dipinti, stampe d'epoca e cartoline, come questa a
colori che commemora la millesima locomotiva prodotta nel 1908 dalla
Ernesto Breda di Milano. Dall'immagine si può facilmente dedurre che:
il colore del pancone frontale non è lo stesso di telaio e ruote; le bielle 
non sono verniciate; l'incavo delle stesse è nero; le targhe non sono 
verniciate. **vedi nota a fondo pagina Questa macchina, divenuta la 
S.685.600, fa ancora bella mostra di sé al Museo della Scienza 
"Leonardo da Vinci" di Milano, dove però alcuni dettagli (incavi
delle bielle e volantino della camera a fumo) sono colorati nel modo
errato (clicca per ingrandire).
Lo schema di coloritura della locomotiva, ha sempre ricalcato quello della originario della ex Rete Adriatica (come d'uso per le FS e come valse inizialmente anche per le carrozze compresa la Bz 44094 del GFM): corpo macchina nero, con l'eccezione del telaio interno e delle ruote, che erano rossi,, e delle bielle che non erano verniciate (tranne l'incavo che era in nero); i panconi frontale e posteriore erano in "rosso segnale", targhe argentate/dorate in base al materiale con cui erano realizzate. Con il tempo la maggior parte delle targhe divenne rossa segnale. La numerazione fu sempre dipinta in bianco, quella posteriore trovò posto sul retro della cabina (come nei tender) o sul pancone posteriore. Se sul colore delle testate non vi sono dubbi, essendosi sempre usato il "rosso segnale" (per migliorare la visibilità delle locomotive in ottemperanza alla protezione su avvistamento dei cantieri di lavoro in linea), si è invece molto dibattuto sul colore esatto da attribuire al rosso delle ruote e del telaio interno. Cercando di riannodare i fili e semplificare al massimo il dibattito tra gli autori, possiamo affermare che i colori da usare e il modo in cui andavano applicati erano figli di precisi regolamenti emanati dalle FS e che data la caparbietà con cui le sanzioni venivano irrorate in caso di mancata ottemperanza, questi venivano rispettati nei limiti del possibile.

Rarissima immagine a colori di una 851 prima che fossero installati i
fanali elettrici. Si possono notare alcuni dettagli colorati in modo non
confacente agli standard teorici. Si tratta del fondo della targa FS e
dell'incavo delle bielle entrambi dipinti in rosso segnale.  
Nelle officine di riparazione c'erano le basi e le formule (preparate dalla Mesticheria dell'Officina Grandi Riparazioni di Bologna), per la realizzazione dei colori come da regolamento FS; fino ai primi anni sessanta, tutto ciò che risultava fuori ordinanza (colori ed abbellimenti vari che potevano modificare l'estetica delle locomotive) veniva sanzionato con multe salate, e vi era un approccio molto severo nei confronti di coloro che trasgredivano tali regolamenti. Successivamente, con il sopraggiungere dei primi consistenti accantonamenti delle locomotive a vapore, detti regolamenti vennero via via sempre meno rispettati, raggiungendo casi limite in certi Depositi Locomotive (Alessandria ad esempio***vedi nota a fondo pagina), dove venivano ampiamente tollerate applicazioni di colori differenti da quelli del capitolato ufficiale.

Collage con alcune immagini storiche messe a confronto con quella attuale
(in basso). In alto a dx la locomotiva dopo il restauro del 1965: si notano 
gli incavi colorati erroneamente di rosso (troppo vivace) e le bielle colorate
di nero. In alto a sx la locomotiva fotografata prima dell'ultimo restauro, 
con le bielle e i mancorrenti di salita alla cabina erroneamente colorati in 
rosso (anche questo troppo vivace). In basso la locomotiva dopo il restauro
filologico del 2019 che ha ridonato al mezzo un impatto estetico 
maggiormente coerente alla realtà storica. I calzini bianchi ovviamente 
sono stati realizzati con vernice e non con la biacca****vedi nota a fondo 
pagina, elaborazione Prete, clicca per ingrandire.
Per concludere il ragionamento, il colore rosso attribuibile a ruote e telaio, varia dal "rosso vagone" (con il quale vengono ancora dipinte le locomotive storiche di Fondazione FS) a quello che Mingari definisce "rosso brillante", secondo lui più acceso del rosso vagone, ma non tanto quanto il rosso segnali dei panconi. Nel restauro della primavera-estate 2019 queste parti della locomotiva sono state ridipinte in rosso vagone, le bielle sono tornate di un grigio il più simile possibile al loro aspetto "al naturale non verniciato" e l'incavo è stato ridipinto in nero nero. Solo il colore della maniglia del volantino della camera a fumo non è stato riportato al colore nero originale. Diverso il discorso per le targhe della cabina verniciate con fondo rosso, dato che pur essendo tale abbellimento fuori ordinanza, la sua applicazione è stata tanto precoce quanto estesa, da averlo reso nel tempo familiare e quasi di consuetudine anche nei mezzi a vapore.

I SERVIZI DELLE 851 DI PADOVA  E IL TRAMONTO DEL GRUPPO
Tornando a seguire le dinamiche del gruppo 851, va ricordato che dopo la seconda guerra mondiale una delle 851 FS, era stata per breve tempo in servizio sulla Ferrovia Padova B.M.-Piazzola-Carmignano in sussidio al carente parco sociale logorato dal conflitto. Non era la prima volta che le 851 FS si avventuravano su questa linea dato che durante la guerra erano state numerose le tradotte effettuate per conto della Wehrmacht (per memoria su questa linea dal 1956 al 1958 fece servizio anche 851 "1 Valle Caudina" dell'omonima ferrovia).
Treno "Accelerato" 2244 per Bassano del Grappa affidato alla 851.134 in 
doppia trazione con una 625 (probabilmente per un invio), in partenza dal 
binario 8 di Padova C.le il 26 marzo 1964. La foto in controluce permette 
di mettere in evidenza la chiodatura diagonale alla cassa che segna la linea
di pendenza della carbonaia che consentiva al carbone di scendere per 
gravità verso la cabina (dove il fuochista lo prelevava con la pala 
inserendolo nel forno). La parte sottostante la carbonaia era occupata
da uno dei due serbatoi di acqua (questo di forma trapezoidale). Foto Cesa
De Marchi, archivio Fondazione FS (clicca sulla foto per ingrandirla). 
Nel 1951 il deposito di Padova aveva assegnate 13 locomotive di questo tipo e come curiosità meramente territoriale nello stesso anno anche Mestre ne aveva ancora assegnate 7 (confermando i numeri dell'inventario 1940 che aveva visto anche due unità assegnate a Venezia); mentre dall'inventario del 1959 prestavano servizio a Padova ancora 10 macchine. I numeri in decrescita del deposito di Padova confermano quello che era oramai il destino dell'intero gruppo 851 ossia quello di un lentissimo, ma inesorabile accantonamento: infatti pur nelle sostanziali discrepanze nei conteggi tra i vari autori dovuti ai diversi metodi di computo delle macchine “inventariate e non atte”, di quelle in “officina per manutenzione”, nonché di quelle “a noleggio”, questo glorioso gruppo si stava avviando verso la strada del tramonto. Così Carpignano (La locomotiva, p. 265) sostiene che nel 1958 la dotazione inventariale FS censiva 131 unità e Nascimbene/Riccardi (FS anni '50, pag 98) riferiscono che solo un anno dopo le macchine in servizio erano scese a 94 (Ancona 8, Bologna San Donato 16, Caltanissetta 7, Castelvetrano 3, Catanzaro 3, Cosenza 4, Foligno 10, Padova 10, Palermo 11, Paola 5, Pescara 3, Reggio Calabria 8, Rimini 4, Siracusa 3).

Locomotiva FS 851 163 assegnata al deposito di Padova ripresa nel 1965
in stazione di Bassano del Grappa durante una pausa del servizio. Foto 
Cesa De Marchi, archivio fondazione FS (clicca per ingrandire).
 A Padova le 851, oltre a svolgere il servizio di manovra nel capoluogo patavino, assicuravano la trazione degli accelerati tra Rovigo e Chioggia e fra Padova e Bassano del Grappa (via Camposampiero-Cittadella). Durante la settimana le 851 venivano anche inserite nel treno merci giornaliero Padova-Bassano per fornire poi la trazione nei raccordi industriali di Bassano o presso il posto di carico del pietrisco per i lavori in linea sempre a Bassano.
Identico servizio merci era assicurato sulla linea Rovigo-Chioggia come dimostrato dalle foto e dai video di Cesa De Marchi pubblicati nel suo libro. Una delle macchine distaccate a Rovigo, per rientrare in deposito a Padova trainava giornalmente un accelerato da Rovigo a Padova lungo la linea elettrificata Padova-Bologna. I dati forniti da G.Turchi sul gruppo 851 sembrano non essere concordi con quelli esposti in precedenza in quanto egli asserisce che nell'inventario del 1º gennaio 1964 sarebbero risultate in servizio 126 locomotive del tipo 851 (anche se egli sostiene che la maggior parte non era atta) di cui 9 assegnate a Padova.
Treno merci Rovigo-Chioggia trainato dalla 851.096 immortalato
mentre è in sosta a Lama Polesine nel 1965. Fotografia Cesa De
Marchi, archivio Fondazione FS (clicca per ingrandirla). 
Secondo Vicuna (Organizzazione, p. 348) alla data del 1º gennaio 1968 la dotazione inventariale comprendeva 44 unità (comprendendo le macchine non più utilizzabili ma teoricamente ancora a disposizione e in attesa di alienazione), ma solo un anno dopo secondo Riccardi (Il crepuscolo, cit., p. 34) le macchine in servizio regolare erano solo 7 in tutta la penisola, 6 assegnate agli impianti di Bologna e 1 al deposito di Padova.
Gli ultimi servizi di linea di questo gruppo di macchine FS, furono proprio al traino dei treni sulla Rovigo-Chioggia e terminarono definitivamente nel 1969 (in quell'anno il deposito di Padova aveva ancora assegnata una macchina probabilmente la 851 096 revisionata il 9 gennaio 1965). Le assegnazioni del 1971 proposte da Riccardi (Ferrovie italiane dal 1971 al 1980 p. 55) mostrano che a tale data erano solo 3 le locomotive  ancora effettivamente operative (su un totale di 10 macchine inventariate), 2 a Bologna San Donato e 1 a Caltanissetta (di seguito le assegnazioni effettive: Alessandria 1 accantonata; Bologna Centrale 1 accantonata; Bologna San Donato 3 di cui 1 accantonata; Caltanissetta 1; Genova Rivarolo 1 accantonata; Lecco 1 accantonata; Paola 1 accantonata; Verona 1 accantonata). Le ultime 851 ancora operative erano quindi impegnate nei servizi di manovra a Bologna S. Donato e in Sicilia presso il deposito di Caltanissetta, ma tutte cessarono il servizio nel 1971 anche se un'unità di Bologna S.D. rimase "accantonata atta" fino al 1973 (anno di scadenza della caldaia).
Rarissima fotografia a colori della ex 851.150 FS (la locomotiva in testa)
venduta nel 1943 alla società che eserciva i raccordi ferroviari di 
Marghera e qui ripresa alla fine degli anni 70 probabilmente nel fascio 
di binari situato tra Via dell'Atomo e Via del Commercio. In primo 
piano uno dei due automotori costruiti dalle "Officine Giulio Cesare 
Ranzi" di Legnano e immatricolati RFM 128 e 129. Foto Salbe, 
collezione Albè (clicca per ingrandire).  
Come curiosità legata al nostro territorio, va ricordato che le 851, non furono assegnate solo al Deposito Locomotive di Mestre (1 nel 1929, 23 nel 1934, 7 nel 1940 e 1951), ma furono noleggiate anche alla "Società Portuale di Venezia"; inoltre la società "Raccordi Ferroviari di Marghera (che eserciva i relativi raccordi), ebbe modo di acquistare nel 1943 la locomotiva 851.150 FS. La longevità del gruppo (oltre 70 anni di attività), dovuta alle indubbie qualità grazie alle quali era passato con disinvoltura dalle acclivi ferrovie appenniniche al servizio di manovra, favorì i sostenitori della conservazione di alcune sue unità.
Una delle ultime 851 ancora in servizio fotografata a Porto Empedocle 
nel settembre del 1971. Da notare la marcatura posteriore eseguita sul 
pancone e non sul retro della cabina. Foto Pedrazzini, archivio 
Photorail (clicca per ingrandirla).

Lo studio delle fonti e la ricerca personale permettono di affermare che le locomotive ancora esistenti ad inizio 2020 sono ben 12: 851.043 "Amici Ferrovia Suzzara-Ferrara" a Sermide (era San Benedetto Po),  057 "Gruppo ALe 883" a Tirano (era a Osnago), 074 "Adriavapore" a Rimini; 097 "Istituto Poverette Casa Nazaret" a Ponton di Domegliara, 103 "Museo del Vino Bersano" a Nizza Monferrato, 105 "parco Bucci"a Faenza, 110 "Fondazione FS" a Pietrarsa, 112 "GFM "a Mestre; 113 senza bielle "Ex stazione" a Palagianello (era a Bitonto), 130 "parco Casale" a Rapallo, 186 "parco Lungolago" a Como, 203 "Museo Minerario Sulphur" Perticara di Novafeltria. Della 851.066, che molti autori riportano come conservata presso l'Impresa Furlanis a Fossalta di Portogruaro (VE), si sono di fatto perse le tracce in quanto la ditta di costruzioni è stata assorbita dalla Maltauro SpA di Vicenza (ora Gruppo ICM SpA) il 1 dicembre 1992 e attualmente la vecchia sede della Furlanis è stata demolita e trasformata in un parco commerciale. Riproduzioni modellistiche delle locomotive 851 FS sono state eseguite nella scala più venduta (H0), da diverse aziende industriali specializzate: nel 1964 dalla Rivarossi, nel 2016 da L.E. Models e Lima-Hornby.

*dopo il 1905 divenne la sede centrale del Servizio Materiale e Trazione delle Ferrovie dello Stato aggregando a sé il personale e le competenze del corrispondente Ufficio istituito a Torino dalla Società per le Strade Ferrate dell'Alta Italia nel 1872, acquisito poi dalla Rete Mediterranea.

**La cartolina immortala la F.S. 68100 (poi 680.100 FS) che nel tempo venne trasformata mediante l'applicazione della distribuzione Caprotti, di un surriscaldatore e di un preriscaldatore Knorr, dando luogo al sottogruppo S 685 con potenza maggiorata a 1350 CV e velocità massima di 120 km/ora. Si nota il nuovo tender a 3 assi da 20 mc d'acqua, che però manifestò ben presto una tendenza allo svio a velocità elevate. Pertanto a partire dal 1912 su queste macchine fu sostituito con il nuovo tender a carrelli da 22 mc, mentre questo tender andò ad equipaggiare le più lente 730, sostituendo il tipo a 3 assi da 12 mc, dimostratosi di capacità insufficiente per i servizi di queste locomotive. 

***Presso il DL di Alessandria si potevano vedere vaporiere con schemi di colorazione personalizzati, nel senso che dagli anni sessanta si potevano osservare locomotive a vapore il cui telaio e ruote erano verniciati in rosso segnale analogamente ai panconi, alcune avevano il telaio in rosso vagone e le ruote in rosso segnale, altre avevano solo i centri ruota in rosso segnale e tutto il resto in rosso vagone, ovunque (non solo nel DL piemontese) imperavano i "calzini" sui cerchioni delle ruote realizzati con vernice invece che con biacca, le asole di alleggerimento del biellismo erano pitturate con vernice rossa, piuttosto che nera. Sempre sulle medesime locomotive c'erano inoltre abbellimenti fuori ordinanza anche nella parte alta: colorazione in bianco della parte alta dei mancorrenti colleganti il pancone anteriore ai praticabili, volantino della camera a fumo in rosso, ornamenti di varia forma sul fumaiolo, targhe della cabina e del costruttore verniciate con fondo rosso, lucidatura a specchio di tutti gli accessori in ottone che si trovavano sulla caldaia e in cabina, in alcuni casi venivano lucidate/verniciate le fasce coprigiunto del rivestimento della caldaia e analogo trattamento veniva rivolto alle fasce di fissaggio dei serbatoi dell'aria, inoltre venivano lucidati i piatti dei respingenti, da notare che quest'ultimo abbellimento era già in uso anche prima della guerra. Infine le locomotive di Alessandria erano pulitissime. Forse all'estremo opposto rispetto ai depositi del nord nei quali si potevano osservare locomotive curatissime sotto l'aspetto dell'estetica, durante gli anni sessanta, c'erano alcuni DL del centro sud, presso i quali si potevano osservare vaporiere i cui telai e ruote, davano l'impressione di essere stati verniciati in nero, a causa della morchia depositatavi. In tali depositi la cura delle vaporiere era venuta meno a causa dell'arrivo delle prime locomotive diesel da treno che avevano decimato di fatto il parco vapore. Nel mezzo c'erano i DL della Toscana, qui forse a causa della presenza a Firenze dell'ufficio tecnico delle Ferrovie dello Stato e del timore dell'irruzione in deposito di qualche ispettore ancora particolarmente zelante e intollerante alle fantasie dei manutentori (specie al DL di Firenze Romito), si potevano osservare vaporiere abbastanza pulite e con i colori come da regolamento. Un'ultima precisazione deve essere fatta sul vecchio "rosso cinabro" applicato ai panconi delle locomotive FS. La tonalità dei due rossi (cinabro e segnale) è talmente simile che possono essere usati tranquillamente l'uno per l'altro. Più che altro era la composizione dei due colori che differiva, essendo il cinabro realizzato con colori ad olio con finitura a flatting, mentre il segnale è praticamente l'analogo realizzato con tecniche "moderne" che non necessitano la protezione col trasparente.

****la "biacca" o "bianco di piombo", è un pigmento pittorico inorganico costituito da carbonato basico di piombo. Come tale, è un pigmento bianco tossico (a causa del piombo), molto coprente e solubile in acido nitrico, la cui vendita sotto forma di polvere è ora proibita in Europa. Conosciuto ed utilizzato fin dai tempi più antichi, è stato l'unico bianco disponibile insieme al "bianco San Giovanni" (carbonato di calcio) fino al XIX secolo; in seguito, con l'inserimento in commercio del "bianco di zinco" (nel 1840 circa) e, nel XX secolo (1930 circa), del "bianco di titanio", il suo impiego è parecchio diminuito fino quasi a scomparire del tutto.

Si ringrazia per il supporto informativo frutto delle sue ricerche: Aldo Riccardi.

Si ringrazia per la rilettura del testo: Susanna Barutti

Testo a cura di Massimo Prete

Bibliografia:
Aldo Riccardi, "Le eclettiche Gruppo 851", in Tutto Treno n.217 (2008), pp. 26–39
Renato Cesa De Marchi, "Bologna, Rovigo e le 851... 50 anni fa", Salò, ETR Editrice Trasporti su Rotaie, 2013.
Gian Guido Turchi, Gruppo 851 FS: non solo manovre, in I treni n.397 (2016), pp. 18-25
Fabio Cherubini, Numeri di locomotive, in I treni, nº 312 (2009), p. 12.
Attilio Di Iorio, Le riparazioni cicliche, in iTreni n°90 (1989) 
Aldo Riccardi, Marco Sartori, Marcello Grillo, "Locomotive a vapore in Italia. Ferrovie dello Stato 1905-1906" Firenze, Pegaso Edizioni, 2013.
Gianfranco Ferro, Il colore delle nostre locomotive, in Giovanni Cornolò, "Locomotive a vapore FS", 2. ed., Parma, Ermanno Albertelli, 1998, pp. 600-603
A.Nascimbene, L.Voltan, "I colori dei treni FS: estetica e livree", in Tutto Treno Tema n. 23 
M. Mingari, Il colore delle locomotive a vapore FS, in I Treni  n. 352 (2012), pp. 40–44
Angelo Nascimbene, Aldo Riccardi, FS anni '50, prima parte Trazione a vapore e Diesel, Albignasego, Duegi, 1995
Augusto Carpignano, La locomotiva a vapore. Viaggio tra tecnica e condotta di un mezzo di ieri, Savigliano, L'artistica editrice, 2008,

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